Fonte Foto: www.corriere.it

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Come abbiamo già più volte ricordato in passato, Livorno è senza dubbio un serbatoio di talenti per l’Italia Olimpica, specialmente per quanto riguarda la Scherma. Quella stessa fonte di talenti, di genio, sregolatezza, sudore e ardore che ai tempi d’oggi vediamo negli occhi di Aldo Montano e nella sua dinastia dorata, che negli anni 30/40 i nostri nonni hanno potuto ammirare negli occhi e nelle stoccate di Edoardo Mangiarotti, hanno avuto agli albori del XX secolo un capostipite di origini ancora più dorate che risponde al nome di Nedo Nadi.

Nato il lontano 9 giugno 1894, Nedo Nadi è figlio di Giuseppe Nadi, il fondatore della più celebre scuola di scherma italiana, quel Circolo Scherma Fides che per tutto lo scorso secolo ha contribuito ad arricchire i medaglieri olimpici azzurri e non solo, regalando all’Italia e al mondo intero una lunga serie di talenti sul palcoscenico della scherma.

Facile, col senno di poi, ritrovare in lui i segni del predestinato: il padre, maestro d’armi nella Fides, decide di allenare entrambi i suoi figli senza riservare loro alcun trattamento di favore. Nessuno sconto, tanta intransigenza per i due figli, trattati niente più niente meno come tutti quei ragazzi che calcavano le pedane del celebre circolo livornese nella speranza di carpire i segreti di cotanto fondatore e maestro.

Tanto fioretto e tanta sciabola, niente spazio per la spada: questo il menu scelto da papà Giuseppe per i suoi piccoli, perché la spada veniva considerata come indisciplinata e meno formativa delle altre due specialità. Nedo, però, aveva altri piani, seppur di nascosto dal padre.

Fuori dal programma di allenamento impostato dal padre, infatti, Nedo decise in completa autonomia di avvicinarsi alla terza disciplina, quella ritenuta dal genitore meno “nobile”. I risultati non tardarono ad arrivare, in quanto a soli undici anni, nel 1905, vinse la sua prima gara nella categoria “giovanetti” mentre nel 1909 si laurea campione nel suo primo torneo internazionale, il Trofeo dell’Imperatore tenutosi a Vienna.

Tali risultati precoci non sfuggirono alla Federazione Italiana, che decise di convocarlo appena maggiorenne nella squadra che avrebbe difeso i colori azzurri nelle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912. Nessuno poteva immaginare che quel “giovanetto” pochi giorni più tardi sarebbe stato capace di arrivare sul gradino più alto del podio nel fioretto individuale, sconfiggendo in finale il più grande, anagraficamente parlando, Pietro Speciale.

Quella fu l’unica medaglia d’oro del movimento schermistico nell’Olimpiade scandinava, che poi lasciò lo spazio alla Prima Guerra Mondiale e ai suoi orrori. Quando la situazione tornò alla normalità, e le Olimpiadi tornarono ad allietare gli sportivi europei e non solo, l’appuntamento principe radunò tutti ad Anversa nel 1920, otto anni dopo quell’oro “insperato”.

La fame di vittorie di Nedo restò impressa nella mente di tutti gli italiani e di tutti gli atleti di quella Olimpiade: Nadi riuscì, infatti, nell’impresa di vincere cinque medaglie d’oro sulle sei discipline (individuali e di squadra) che si giocavano in quell’edizione: si laureò campione olimpico nel Fioretto individuale e a squadre, idem nella Sciabola mentre dovette “accontentarsi” di un solo oro nella spada a squadre: laddove gli avversari non poterono arrivare, purtroppo, ci penso un attacco intestinale.

La storia olimpica di Nedo termina con l’avventura di Anversa, con cinque medaglie al collo, poiché preferì trasferirsi in Argentina: tornò in Italia nel 1923, e iniziò ad allevare nuovi talenti: nel 1932 fu Commissario Tecnico della Nazionale di Scherma alle Olimpiadi di Los Angeles, per poi divenire presidente della Federazione Italiana Scherma dal 1936 fino alla sua morte prematura, arrivata a soli 46 anni nel 1940 a causa di un ictus che lo stroncò, lasciando l’Italia con un profondo rimpianto: chissà quante altre medaglie avrebbe potuto vincere se la salute o la Guerra non si fossero messe di traverso lungo il suo cammino dorato…

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