Dominik Windisch: intervista al biatleta italiano, già medaglia di bronzo alle Olimpiadi invernali di Sochi nella staffetta mista. L’atleta azzurro racconta il grande inizio dell’Italia nella Coppa del Mondo e il suo avvicinamento a PyeongChang 2018 .

La concentrazione al tiro di Dominik Windisch nella staffetta mista di Hochfilzen

La concentrazione di Dominik Windisch nella staffetta mista di Hochfilzen 2017 (fonte: fanpage ufficiale facebook)

DOMINIK WINDISCH: UNA STAGIONE CHE GUARDA A PYEONGCHANG

Dominik Windisch, fratello minore di Markus e medaglia di bronzo nella staffetta mista alle Olimpiadi di Sochi 2014, a soli ventinove anni è uno dei veterani del biathlon azzurro. Protagonista, quest’ultimo, di un ottimo inizio di Coppa del Mondo, che ha visto numerosi piazzamenti, individuali e di squadra, che fanno ben presagire in vista delle imminenti Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018.

Abbiamo parlato con Dominik dell’inizio in Coppa del Mondo e dello stato di salute del movimento, della sua preparazione in vista delle Olimpiadi in Corea del Sud e della sua esperienza olimpica: a voi l’intervista.

L’INTERVISTA COMPLETA AL BIATLETA AZZURRO

La Coppa del Mondo è iniziata da poco e l’Italia del biathlon è partita al meglio. Come giudichi il tuo inizio e quello del gruppo? Chi ti sono sembrati gli atleti (azzurri e non) più in forma, anche in vista di Europei ed Olimpiadi?

«Secondo me, in generale, come squadra, siamo partiti molto bene: quest’anno stiamo dimostrando che siamo ad un livello alto e possiamo giocarcela anche contro i migliori. Il mio inizio di stagione, invece, è stato un po’ così, con alti e bassi, qualche gara buona, qualche gara meno buona: mancava un po’ di costanza, ma sono contento perché so dove devo lavorare e continuo a lavorare su ciò. Guardo avanti e sono fiducioso.

Tra le azzurre le più forti sono Lisa Vittozzi e Dorothea Wierer; tra gli atleti Lukas Hofer, che quest’anno è veramente in gran forma, oltre che molto sicuro al tiro: sicuramente un atleta molto portato, anche per fare una medaglia, ha buonissime chances. Per quanto riguarda le altre nazioni, invece, un po’ i soliti: c’è, oltre a Martin Fourcade, il giovane Thingnes Johannes Bø, che sta facendo una stagione assurda, sugli scii è quasi d’un altro pianeta, ha un passo in più, è impressionante. Ma ci sono un sacco di ottimi atleti: questo è il biathlon, il livello è tale per cui tutti i migliori quaranta possono andare a podio, oppure vincere».

I risultati in Coppa del Mondo, secondo alcuni, sono sintomo d’un movimento capace di rinnovarsi, partendo dal talento e dall’esperienza della vecchia guardia; tu cosa ne pensi?

«Secondo me è un lavoro continuo, costante. Io e Lukas [Hofer, ndr] abbiamo imparato tanto da [Christian, ndr] De Lorenzi e Markus Windisch, mio fratello, e ora che siamo noi due “i vecchietti” del gruppo cerchiamo di dare qualche consiglio ai nostri giovani. Stanno crescendo, e anche molto; nei prossimi anni faranno ancora un ulteriore step in avanti: l’Italia diventa sempre più forte».

Lo scorso anno hai chiuso al quattordicesimo posto nella classifica generale della Coppa del Mondo, nono in quella dell’inseguimento. Che cosa serve per essere sempre competitivi? Che cosa per vincere la Sfera di cristallo? È questo l’anno giusto?

«Devi sicuramente rinunciare a tante cose che vorresti fare, devi stare attento alla salute e alla forma, per riposare bene, etc. Quindi, ovviamente, essere competitivi tutta la stagione non è facile, ma dà tanta soddisfazione. Vincere la sfera di cristallo [ride, ndr] è veramente ancora un altro pianeta, perché ci sono tanti altri ottimi atleti; primo su tutti un Fourcade che va a podio ogni gara, che è quasi imbattibile, perché è veramente super-costante e quindi è molto, molto difficile».

Al termine della tappa di Östersund hai dichiarato che, ancorché l’anno olimpico sia importante, voi siete tranquilli e pensate gara per gara. È ancora così, visti i risultati? Quali sono le principali differenze nel tuo approccio ai diversi eventi? Quali le differenze tra Coppa del Mondo, Europei ed Olimpiadi?

«Direi che adesso guardo ancora di più gara per gara. Avevo alti e bassi, così continuo ad analizzare e a pensare dove migliorare, quindi mi concentro veramente solo gara per gara, non guardando avanti, concentrandomi sul mio lavoro: è questa la mia preparazione olimpica, diciamo.

Io cerco di non fare differenza tra gli eventi, tra Coppa del Mondo, Olimpiadi o Mondiali, perché secondo me come gara è una gara come le altre, quindi non è che faccio qualcosa di diverso alle Olimpiadi, se no lo farei anche adesso. Cerco sempre di fare il mio, di concentrarmi sul mio lavoro. Poi, ovviamente, magari alle Olimpiadi senti più tensione, perchè ogni atleta sa che è un evento speciale, però cerco di non pensarci e di fare il mio».

L’ultima medaglia di un biatleta italiano ai Giochi porta la tua firma, oltre a quelle di Hofer, Oberhof e Wierer. Che cosa ti aspetti da questa edizione dei Giochi? Quale potrebbe essere la gara giusta per provare l’assalto al podio?

«Sì, è già bello che abbiamo fatto medaglia a Soci, quindi [ride, ndr] non è che ne aspetto un’altra. Ovvio, sarebbe bello e, diciamo, ogni gara cerchi di partire per far medaglia, però non è che vado a casa deluso se non faccio medaglia. In fondo non ho fatto un podio in singolo quest’anno, quindi non puoi andar lì aspettandoti il podio… Devi comunque essere realista, conoscere il tuo livello; diciamo: è possibile, però non è obbligatorio. Quindi vado in Corea del Sud per divertirmi, per godermi le Olimpiadi e poi vediamo cosa succederà».

In quale momento della carriera di Dominik Windisch arrivano queste Olimpiadi? E a tal proposito, è maggiore la gioia decubertiana del partecipare o una volta lì conta solo vincere?

«In quale momento della mia carriera arrivano queste Olimpiadi? Spero in un buon momento: la forma è buona e anche al tiro, diciamo, ultimamente sto facendo delle belle serie, quindi non è che vada tutto male. Però, ovviamente, non ho costanza dell’anno scorso, ma continuo a lavorare. Questo è il biathlon: nulla è sempre uguale, bisogna sempre lavorare, mai mollare, mai essere appagati. Poi, ovviamente, come ho già detto, vado a PyeongChang per partecipare, in primo luogo, per divertirmi e godermi l’olimpiade. Non conta solo vincere: il contrario, secondo me, quest’anno, possono davvero dirlo soltanto in due, ovvero Fourcade e Boe; sono loro che continuano a dominare questo sport e, diciamo, si meritano, e, ovviamente, vogliono far podio per forza. Tutti gli altri sanno che serve la gara perfetta per far medaglia, quindi non è te la puoi aspettare».

Ci descriveresti la tua giornata tipo nel villaggio olimpico, o un aneddoto dalle tue ultime partecipazioni? Qual è la cosa che più apprezzi della quotidianità delle Olimpiadi? Cosa cambieresti?

«Posso raccontarti un aneddoto sulla scorsa Olimpiade [Sochi 2014, ndr]: per evitare di pensare ho iniziato a guardare la serie televisiva “Friends” e, sì, ho continuato a guardarla per tutto il giorno, per avere altri pensieri, e alla fine ho finito tutte e dieci le stagioni in due settimane [ride, ndr]. Un esempio di come passo la giornata alle Olimpiadi [ride, ndr]... Fai quello che devi fare e per il restante tempo cerchi di non pensare, cerchi di trovarti qualcosa da fare: leggi un libro, guardi un film, etc.

Quel che più apprezzo dell’Olimpiade è sicuramente il villaggio olimpico: è veramente speciale, vedere gli atleti delle differenti discipline, parlare, conoscere altre persone… In generale: il clima olimpico, l’atmosfera, le emozioni. Cosa cambierei? Difficile dirlo, perché dipende anche un po’ dal luogo. Ovviamente non è sempre possibile che tutte le discipline siano nello stesso posto: ad esempio, a Soci, dove alloggiavo, c’eravamo solo noi fondisti. Quest’anno è già meglio, però non è possibile un unico villaggio olimpico, altrimenti direi quello».

PyeongChang 2018: dicci un obiettivo, un sogno e qualcosa che credi sia utile non dimenticarti mai.

«Quanto a PyeongChang, ti ripeto, veramente, l’obiettivo è andar lì e far bene, però, comunque, sono realista, e mi godo l’Olimpiade. Partecipo molto volentieri: non vedo l’ora di vivere la mia seconda Olimpiade per vedere com’è essere un’altra volta lì… Quello che secondo me è utile non dimenticarsi mai è che è già un gran cosa arrivar lì, perché conosco tantissima gente che ha provato e non è mai arrivata a questa possibilità: già quello, devi metterti in testa, è un traguardo importante, che non tutti possono o hanno la possibilità di vivere; quindi già quello è speciale».

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Niki Figus
Giornalista pubblicista. Naufrago del mare che sta tra il dire e il fare. Un libro, punk-rock, wrestling, carta e penna.

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