Il pugile romano Simone Fiori, membro della nazionale e del gruppo sportivo delle Fiamme Oro dal 2009, si racconta ai nostri microfoni, per raccontare il momento di stop vissuto dallo sport e in particolare del suo presente e del suo futuro.

Simone Fiori al verdetto vincente contro il pugile finlandese Aiu al Torneo Preolimpico di Londra (per gentile concessione dell’atleta)

Simone Fiori: “Mi ispiro a mio padre, un onore indossare la maglia della Nazionale”

Come nasce questa passione per il pugilato? Hai un modello a cui ti sei ispirato o ancora ti ispiri? È stato mio padre, un ex pugile, a trasmettermi questa passione. Quando ero piccolo non ero bravo a giocare a calcio, e per dimagrire iniziai a frequentare la palestra dove allenava mio padre. Successivamente mi sono allenato con sempre più costanza fino ad appassionarmi a questo sport, che ora è il mio lavoro. Se devo nominare un esempio al quale mi sono ispirato, direi a mio padre, quando ho iniziato a praticare la boxe lui si era già ritirato, ma mi ha aiutato ad allenarmi e a farmi crescere tecnicamente.

Come si allena un pugile professionista? La differenza tra un pugile amatoriale e uno professionista sta nella costanza. Io, parlando per la mia esperienza, mi alleno tutti i giorni, anche il sabato, con costanza e impegno. La domenica rimane di riposo ma è fondamentale l’aiuto che gli allenatori ci danno costantemente, anche in questo periodo, con video chiamate o messaggi.

Come stai vivendo la quarantena ? Passarla, da una parte da atleta e dall’altra da persona, è la stessa cosa? La quarantena la sto vivendo come tutti, in casa. Da una parte è stata positiva perché mi ha permesso di passare più tempo con la mia famiglia, che per allenamenti e impegni nazionali a volte vedo poco. La mia fortuna è avere la palestra vicino a casa, questo mi permette comunque di stare più vicino a loro. Dal punto di vista dell’atleta, come detto prima, c’è il completo e costante supporto della Federazione, che con tutto il team ci da supporto giornaliero con gli allenamenti.

Quando è scattato lo stop eri a Londra a disputare il Torneo Preolimpico, e avevi conquistato l’accesso agli ottavi con un verdetto unanime contro Aliu, come ti sei sentito una volta appresa la notizia? A parer mio il torneo non doveva neanche iniziare. È stato rischioso andare fino a Londra per bloccare tutto tre giorni dopo l’inizio della competizione, abbiamo rischiato, e non siamo stati felici della decisione di interrompere tutto, anche se un po’ era prevedibile e ce lo aspettavamo. La cosa importante è che il torneo riprenderà da dove è stato interrotto.

Come giudichi la decisione, ormai datata, di posticipare le Olimpiadi? Una decisione giusta, che ha permesso a tutti gli atleti di non correre inutili rischi. Dal punto di vista mentale abbiamo dovuto interrompere tutto, e non è stato semplice abbandonare la competizione e fermarsi di colpo, ma sono contento di come stiamo lavorando anche durante lo stop, e sono fiducioso per la ripresa degli allenamenti.

Per un pugile, quanto è psicologicamente complicato rimandare tutti gli appuntamenti sul ring? Come detto prima, non è stato semplice. Dal punto di vista mentale, lasciare di colpo la competizione, vuol dire interrompere tutto il lavoro che si è fatto in precedenza. Sono convinto che, con l’adeguata preparazione e la ripresa delle competizioni, arriverò pronto per Tokyo 2020.

Scaramanzia a parte, quanto ti senti vicino alle prossime Olimpiadi? Scaramanzia a parte mi sento molto bene fisicamente, credo di essere in un ottimo stato di forma fisica. In passato ho sfiorato la qualificazione alle Olimpiadi di Londra, sono riuscito a qualificarmi per quelle di Rio, ma posso dire con certezza che quest’anno sto attraversando il periodo di forma migliore. Mi sento pronto e credo di essere più vicino alle Olimpiadi quest’anno rispetto agli anni precedenti.

Parliamo della tua carriera, hai vinto tanto, qual è l’incontro che ti è rimasto più impresso e quale il ricordo più bello? L’incontro che mi è rimasto più impresso è stato sicuramente quello per la medaglia di bronzo contro il russo Imam Khataev, sicuramente non è uno degli incontri più belli che ho fatto, ma è stata una grande soddisfazione battere per la prima volta un pugile così esperto. Un ricordo per me importante è stato invece il match precedente a quell’incontro, ricordo ancora quando l’arbitro mi ha alzato il braccio assegnandomi la vittoria.

Ultima domanda, come ci si sente ad indossare la maglia della Nazionale? Quali sono gli obbiettivi futuri? Ovviamente indossare la maglia della Nazionale per me è un onore, significa rappresentare il proprio Paese di fronte a migliaia di persone. Per me è molto importante e sono molto contento di poter lavorare a stretto contatto con campioni del calibro di Clemente Russo, Vincenzo Mangiacapre e tutti gli altri. Avere vicino persone  come il d.t. Roberto Cammarelle è per me fondamentale, sono persone che hanno grande esperienza, e hanno dedicato la loro vita a questo sport. L’obbiettivo futuro è uno solo, la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020, per ora mi concentro su quello.


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