La Nazionale italiana maschile di curling ha ottenuto la sua prima qualificazione olimpica “sul ghaccio”. Ne abbiamo parlato con lo skip Joël Retornaz.

Questo dicembre è stato un mese di prime volte per il curling azzurro. La Nazionale italiana maschile, 12 anni dopo l’esordio olimpico a Torino 2006, ha conquistato il pass per i Giochi di Pyeongchang battendo la Danimarca ai playoff del torneo preolimpico di Plzen. Ne abbiamo parlato con lo skip Joël Retornaz, intervenuto ai microfoni di “Minuti di Gloria”, la nostra trasmissione in onda ogni venerdì alle 18-19 sulle frequenze di Radio Ticino Pavia.

Lo skip Joel Retornaz, 34 anni: ha fatto il suo esordio olimpico ai Giochi invernali di Torino 2006

Joël, che cosa avete provato dopo questo storico risultato?

Abbiamo scritto la storia di questo sport. Ne siamo onorati, è stata una sensazione stupenda: riuscire a farlo “sul ghiaccio” e non come Paese ospitante ha tutto un altro sapore rispetto a quanto accaduto nel 2006. Siamo super soddisfatti per aver fatto qualcosa di grande. E io sono felice di poter giocare un’altra Olimpiade nella mia carriera.

A Plzen, dopo aver chiuso il round robin in seconda posizione, vi siete aggiudicati la prima sfida dei playoff con la Danimarca per 6-5. Una partita molto tirata…

Sì, è stata una partita giocata colpo su colpo. Entrambe ci giocavamo la prima delle due opportunità per andare ai Giochi. Siamo stati più bravi noi, più cinici: siamo riusciti a portarla a casa prima di loro e siamo soddisfatti per questo. Se non ci fossimo riusciti, avremmo avuto una seconda opportunità contro la Repubblica Ceca. Portarla a casa subito è stato meglio. Doversela giocare all’ultima partita disponibile sarebbe stato un po’ più duro.

Danimarca dolce per voi, amara per le donne che sono riuscite a qualificarsi avendo perso con le danesi. Sarebbe stato pazzesco portare entrambe le squadre ai Giochi…

Sarebbe stata una grandissima doppietta, sarebbe stato magico. Purtroppo le ragazze non sono state fortunate. Erano testa di serie al challenge olimpico e avevano vinto la medaglia di bronzo agli Europei di San Gallo: partivano da un’ottima posizione. Purtroppo hanno perso contro le danesi una partita giocata colpo su colpo. Un vero peccato. Mi dispiace per loro e per il movimento italiano.

Nella Nazionale maschile, per la prima volta, sono stati convocati i giocatori migliori del campionato italiano e non tutti quelli della squadra che aveva vinto il titolo. La considera la mossa vincente?

La Federazione ha voltato pagina nell’ultima stagione. Ha puntato tantissimo sul curling, ha costruito uno staff di primo livello a partire da Marco Mariani, storico compagno di squadra del team di Torino, diventato il direttore tecnico della Nazionale. E poi c’è Soren Gran, un allenatore di primo livello che vanta già partecipazioni ai Giochi:  questa sarà la sesta per lui, ottenuta con il quarto Paese diverso. Il mister ha portato grande esperienza. Un applauso va anche a tutti i mental coach. La svolta epocale di selezionare i migliori atleti ha influito: i ragazzi hanno disputato degli ottimi Europei. Siamo riusciti ad agguantare la qualificazione olimpica: stiamo lavorando nella direzione giusta.

Nel 2018 disputerete anche i Mondiali di Las Vegas…

Anche questo dato dice quanto la Federazione e il curling stiano facendo bene. Per la seconda stagione di fila l’Italia è in serie A all’Europeo e riesce a qualificarsi al Mondiale con entrambe le squadre. Noi ce lo giocheremo a Las Vegas, una location molto interessante. Quello delle ragazze invece si disputerà in Canada.

Retornaz a Torino 2006, nelle quali il curling azzurro fece il suo esordio olimpico

Joël, tu farai da trait d’union tra l’esordio del 2006 e i Giochi del 2018. Hai cambiato un look da allora: a Torino eri sbarbato e portavi gli occhiali, oggi ti presenti più selvaggio. Lo fai per scaramanzia?

Sono passati 12 anni da allora: un cambio di look ci può stare. La barba mi sta accompagnando nella mia vita. Non siamo giocatori di NBA che hanno la barba da playoff o cose del genere. Resto una persona normale: lo ero allora, lo sono oggi. All’epoca i miei occhialini sembravano una trovata mediatica, ma non lo erano: a 22 anni io ero quel ragazzo. Ero semplice, sono rimasto semplice. Lo sono a lavoro, lo sono sul ghiaccio.

Che cosa ti aspetti da queste Olimpiadi? Vi siete dati un traguardo?

Partiamo con l’ambizione di fare molto bene: sarebbe un successo riuscire a migliorare la prestazione di 12 anni fa. Il curling è cresciuto tantissimo, il livello si è alzato di molto. Riuscire ad agguantare tante vittorie non sarà facile: non partiamo da favoriti. La consapevolezza di poter far bene c’è. La qualificazione ottenuta sul ghiaccio ci fa ben sperare. Il Mondiale di Las Vegas ci dice che siamo tra le migliori del mondo. In Corea cercheremo di fare del nostro meglio.

Questa qualificazione è una rivincita per il vostro sport? A Torino fu accolto tra ironia e scetticismo…

Non c’è consenso al 100% quando si parla di curling. Sui social, anche in questo periodo fortunato, leggo che questo non è uno sport. Non mi dà fastidio sentirlo dire: la gente parla di noi in ogni caso, significa che c’è interesse verso di noi. Le Olimpiadi offrono grande visibilità: nei mesi successivi bisogna lavorare tanto per finire nel dimenticatoio.

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Simone Lo Giudice
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