Marangoni_Silvia

Foto tratta da www.venetouno.it

11 mondiali, 12 europei, zero partecipazioni olimpiche.

Come ci si sente a essere i migliori al mondo, senza poterlo dimostrare a un’Olimpiade? Lo abbiamo chiesto a Silvia Marangoni, pluricampionessa continentale e mondiale nel pattinaggio artistico a rotelle, specialità inlineQuesta disciplina, infatti, non è iscritta tra gli sport a cinque cerchi.

Ecco come vive questa situazione l’atleta trevigiana, appena intervistata da noi.

      Partiamo dal tuo ultimo successo: il mondiale vinto in Colombia a settembre. Vincere l’undicesima volta è un po’ come vincere di nuovo la prima?

      Sono sempre sensazioni diverse perché ogni campionato ha una sua storia e quindi la vivi in maniera completamente differente. L’ultimo in particolare è stato diverso perché c’era la voglia e la fame di vittoria visto che l’anno passato ero arrivata seconda.

      Si tratta di un’importante rivincita rispetto al secondo posto dello scorso anno e, soprattutto, dopo l’infortunio?

      Assolutamente sì. Ho lavorato tanto e come obiettivo mi ero posto subito la vittoria di questo mondiale che poi è arrivata.

      11 mondiali e 12 europei. Non ti sei ancora stancata?

      No non ci si stanca proprio mai!

      Di tutti questi successi quale ricordi con maggiore emozione?

      Ce ne sono tanti, ma tre in particolare. Quello del 2011 quando era mancata mia nonna perché senza di lei, che era un po’ la mia guida, mi sentivo come se non potessi più fare niente. Diciamo che è stato il mondiale più emotivo. Poi quello del 2013 perché si trattava del decimo titolo mondiale ed è stato veramente il coronamento di un sogno! Infine l’ultimo, perché è stata la rivincita dopo un infortunio molto pesante che mi lasciato 6 mesi lontano dai pattini. Sono quindi tre mondiali diversi con tre storie diverse.

      Quanti di questi titoli daresti in cambio per una partecipazione olimpica?

      Tutti, perché l’Olimpiade è il sogno di ogni atleta. Spero davvero che dopo di me, perché prima o poi smetterò, qualcuno abbia la possibilità di prendere parte ai giochi. Bisogna sempre sognare in grande, altrimenti non ha senso.

      Hai perso ogni speranza nel vedere la tua disciplina iscritta agli sport a cinque cerchi?

      Per me sarà impossibile perché non sono più un’atleta giovanissima. La nostra Federazione sta lavorando molto per poter cambiare le cose. Per due volte siamo stati nella shortlist per entrare, ma non è successo. Noi ci impegniamo tanto quanto gli altri. Però nonostante tutto noi continuiamo a farlo perché amiamo questo sport che è diventato una “droga buona”. Come diceva Alex Zanardi “drogatevi di cose buone, drogatevi di sport”. Lui è davvero una persona spettacolare!

      C’è qualche atleta che consideri un tuo possibile erede nella disciplina?

      Abbiamo la fortuna di avere una nazionale fortissima: la più forte al mondo! Siamo tanti e bravi. Nella mia specialità ci sono io, nelle 4 rotelle normali c’è Debora Sbei, che ha vinto 14 mondiali in due specialità diverse. Non saprei dirti il nome di un erede perché c’è già qualcuno di molto bravo.

      Hai mai pensato di passare al pattinaggio sul ghiaccio per avere questa opportunità?

      Mi è venuto in mente, ma era già troppo tardi. A vent’anni sei già troppo vecchio per cambiare. Poi si va a gareggiare con ragazzine di 13-14 anni. Bisogna imparare tutto da capo. È un po’ come la pallavolo e il beach volley, sono simili ma non uguali. Io ammiro Carolina Kostner che nel 2018 andrà a disputare un’Olimpiade a oltre trent’anni e gareggerà contro atlete molto più giovani di lei. La ammiro perché secondo me fa bene e la vuole prendere come una rivincita personale dopo tutto quello che le è successo. Ha una marcia in più per poter continuare a farlo!

      Il ricordo olimpico che più ti è rimasto impresso.

      Ce ne sono davvero tantissimi, però Bolt mi dà sempre grandi emozioni!

      Quale sport olimpico segui con più attenzione?

      Io seguo tutto, perché durante le due settimane dei Giochi per fortuna si può vedere tutto, anche se per quattro anni poi non se ne sentirà più parlare. Riesco davvero ad appassionarmi di qualunque sport in quel periodo. Io da atleta capisco quanto i ragazzi abbiano lavorato e faticato per arrivare lì e sono tutti meritevoli di attenzione e sostegno, dai più bravi ai meno bravi.

      Chi è Silvia Marangoni senza pattini?

      Una ragazza normalissima: piena di amici, che fa cose normali e che finalmente si è potuta godere una vacanza dopo tanti anni! Ho comunque una vita normale al di fuori della pista. Tanti pensano che facciamo cose fichissime. Noi in realtà siamo sempre in giro e le poche volte che abbiamo possibilità di stare a casa ci godiamo la tranquillità con le persone che amiamo. Tante persone non riescono a capire queste piccole cose. Bisogna godersi ogni attimo e apprezzarlo perché la vita è veramente breve.

      Oltretutto voi dovete conciliare l’enorme impegno sportivo con la normale vita di tutti i giorni…

      Certamente. Non è umanamente possibile avere risultati di un certo livello se lavori anche 8 ore al giorno. È veramente difficile. Io ho la fortuna di essere dentro un gruppo sportivo militare dello stato. E meno male che ci sono i gruppi sportivi, altrimenti lo sport in Italia non esisterebbe! Io già mi sento molto fortunata. Ci sono molti ragazzi bravissimi che non riescono a entrare nei gruppi sportivi purtroppo.

      Come ti vedi da qui a 10 anni?

      Mi piacerebbe fare l’allenatrice per tramandare la mia passione alle future generazioni. Ma soprattutto vorrei essere felice e serena.

Luca Lovelli
Giornalista e conduttore televisivo. Fondatore e direttore responsabile di Azzurri di Gloria. Amo viaggiare, con la mente e con il corpo.

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