A cura di ANTONIO EMANUELLO

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#FuoriCinema: su «Azzurri di Gloria» scopri il cinema che racconta lo sport.

Benvenuti al sedicesimo appuntamento con #FuoriCinema su «Azzurri di Gloria». Oggi parliamo di Tonya di Craig Gillespie. Film del 2017 Tonya racconta la storia della famosa pattinatrice Tonya Harding, dall’infanzia fino al fatto di cronaca che l’ha resa immortale, per un motivo o per un altro. Fin da piccola la protagonista è bistrattata dalla madre e, perdendo l’unico rapporto positivo costituito dal padre, rimane in balia di quella figura vessatrice e aggressiva. La narrazione segue due vie: da una parte le finte interviste post dramma e dall’altra l’intreccio di eventi che porteranno a quel fatidico momento. Nelle interviste emerge una Tonya sempre diversa, una diversa versione della realtà che ogni personaggio si è costruita e che tira fuori parlando di quanto accaduto o, in generale, del rapporto con Tonya. In particolare, si dà molto spazio alla madre che nell’intervista difende le proprie scelte sostenendo che tutto ciò che ha fatto era il suo modo di fare il bene della figlia; cosa che viene dolorosamente smentita più volte nella “seconda parte”. Questa ci mostra tutta un’altra realtà e funge da finestra su quelli che dovrebbero essere i fatti realmente accaduti. In altri termini: soggettività e oggettività proseguono di pari passo, interrompendosi l’un l’altra. Nel mezzo scorre la vita di Tonya, l’amore violento e persecutorio di Jeff, che incarna ancora una volta una brutta pagina della vita della ragazza a cui non riesce a rinunciare facilmente. Da questa sequela di brutte esperienze viene fuori una giovane donna tenace ma burbera, spigolosa e che non accetta di scendere a compromessi con quel mondo dello sport che vive anche di immagine, soprattutto quando l’eleganza è parte integrante della disciplina. Litiga con la sua allenatrice, esagera con i giudici, si porta al limite pur di non assimilarsi a tutte le altre.

Scurrile, scorretto, a volte volutamente confuso. Il film è quasi una tragicommedia. È costellato di personaggi sopra le righe, a cominciare dall’amico che si crede una spia internazionale finendo con il fratellastro maniaco. Continua a muoversi tra scene di allegria e tragica tristezza di cui spesso la stessa Tonya è sia vittima che carnefice. Ridicoli i salti (triplo axel?) temporali in cui una Margot Robbie ventisettenne si finge una ragazzina di 15 anni con l’apparecchio. E, diciamocelo, non è per nulla convincente. Non convince, certo, ma funziona. Funziona perché è volutamente eccessivo. La scelta di alzare l’asticella del bizzarro è presa con cognizione di causa, sapendo che si sta affrontando un personaggio torbido, controverso e difficile da comprendere. Talmente difficile che finisce ad occuparsi di progettazione di giardini e terrazze. Ma questa è un’altra storia che capirete solo guardando il film fino in fondo.

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