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La martellista Silvia Salis

Innanzitutto ci tengo profondamente a precisare che quella di cui vengo accusata non è una vicenda di doping ma di problemi di ricezione della reperibilità da parte del sistema Whereabouts, con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta”.

Inizia così il lungo post che Silvia Salis ha pubblicato nei giorni scorsi su Facebook nel quale prende le distanze dallo scandalo che ha colpito l’atletica italiana. Uno scandalo capace di trascinare sotto i riflettori ben ventisei atleti azzurri i quali, come fatto dalla martellista di Genova, si sono difesi, per ora, attraverso i social network e le pagine dei giornali. Tra questi si possono citare, per esempio, Anna Incerti e Stefano Scaini, maratoneti, Daniele Greco e Fabrizio Donato, triplisti, ma anche il lunghista Andrew Howe e l’ex astista Giuseppe Gibilisco. Tutti, in coro, precisano che la questione che sta alla base dell’indagine non ha nulla a che fare con il doping, ma che si tratta di un disguido legato al sistema di segnalazione della loro posizione. Una segnalazione questa che, per regolamento, deve essere inviata ogni tre mesi per poter essere sempre rintracciabili in caso di controllo antidoping e che, tra il 2011 e il 2012, questi atleti non avrebbero inviato.

Il tutto nasce da un’indagine portata avanti dalla Procura di Bolzano che, indagando sul caso Alex Schwazer, avrebbe scoperto come l’intero movimento dell’atletica italiana non avesse rispettato il regolamento della Wada (World Anti-Doping Agency) che prevede, appunto la segnalazione sopraccitata. Nel caso in cui questa non venga inviata, dopo tre inadempienze contestate singolarmente, scatta la squalifica. Il presidente della Fidal (la Federazione italiana di atletica leggera) Alfio Giomi, ha spiegato: “Nel ribadire la totale fiducia nell’operato della Procura ribadisco quanto affermato il 18 settembre 2014 all’insorgere del caso. La somma di negligenze, superficialità, incompetenza e inadeguatezza è senza fine. Ma la vicenda riguarda tutto (o quasi) lo sport italiano, senza che questo sposti di una virgola la nostra responsabilità. Scaricare sugli atleti la responsabilità di quanto è accaduto (non si tratta in ogni caso di dopati) è troppo semplice. L’atleta è il punto di partenza e di arrivo del movimento, ma in mezzo ci sono tecnici, società, federazione, Coni”.

Insomma, più che di uno “scandalo doping” si tratterebbe, in realtà, di uno scandalo burocratico. Il lavoro della Procura di Bolzano non avrebbe fatto altro che sottolineare le falle del sistema sportivo italiano. E questo è quello che, a gran voce, spiegano gli atleti accusati: “Per quello che riguarda l’accusa – ha scritto Silvia Salis – l’unica cosa che mi sento di dire è che il sistema aveva falle tecniche. Fino a qualche anno fa il sistema era cartaceo: la Fidal mediava i nostri rapporti con il Coni, noi mandavamo reperibilità via fax (nel 2011!!) e loro la comunicavano al Coni”. Nel suo post la martellista precisa, inoltre, che il fax ebbe problemi di funzionamento. Problemi che non si risolsero nemmeno con l’introduzione del famigerato sistema Whereabouts: “Successivamente dal fax si passò ad una piattaforma informatica, che presentò da subito problemi di funzionamento […] vi faccio un esempio: a Londra appena arrivata mi ero registrata al villaggio olimpico, ma il responsabile sanitario del Coni, mi disse che non risultavo al villaggio. Insistendo sul sistema, aiutata dai sanitari Fidal, sono riuscita ad aggiornarlo”.

Il malfunzionamento del sistema informatico è stato segnalato anche da altri atleti che, tra l’altro, non hanno ricevuto, nel corso degli anni, nessuna comunicazione in merito alle loro mancate segnalazioni.

Ora la questione passa nelle mani della Procura Antidoping della Nado-Italia che ha chiesto due anni di squalifica per gli atleti coinvolti che, fino alla sentenza, potranno continuare a gareggiare.

Lo scandalo, che si è abbattuto sull’atletica italiana, arriva in uno dei momenti più bassi, in termini di risultati, di questa disciplina. E il tutto avviene a pochi mesi dalle olimpiadi di Rio dove, alcuni degli atleti coinvolti, si dovrebbero giocare le scarsissime chance di medaglia della spedizione azzurra.

Federico Sanzovo
Neolaureato e aspirante giornalista, scrivo su carta dal 2008. Sono tra i fondatori di Azzurri di Gloria. Mi occupo di blogging, web writing e social media managing. Amo il web, ma il profumo della carta stampata...

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