Il velocista azzurro si racconta durante l’inaugurazione dell’anno accademico sportivo del CUS a Pavia. E rivela: “Mi sento simile a Livio Berruti per l’avvicinamento alla gara. Fiero delle mie origini sarde, ma nonna…”.

Filippo Tortu, al centro, premiato dal Rettore dell’Università, Fabio Rugge, e dalle autorità cittadine

Sguardo vispo e sorriso facile. Filippo Tortu ci mette veramente poco ad avere ragione della timidezza. Guardando alla sua disciplina, verrebbe da dire che riesce a trovarsi a suo agio con la stessa rapidità con cui corre i 100 metri, la gara delle gare, quella dei clamorosi 9”99, miglior tempo di sempre per un italiano. Un primato stabilito a vent’anni il 23 giugno 2018. Roba da predestinati. Eppure, di fronte al pubblico dell’Aula Magna dell’Università di Pavia, composto prevalentemente da giovani atleti e tecnici del CUS, l’azzurro, ospite d’eccezione per l’inaugurazione dell’anno accademico sportivo non fa assolutamente sentire il peso di simili risultati. Racconta la sua esperienza sotto gli occhi dei fans, senza nascondere i lati più difficili di una vita fatta di successi, ma anche di sacrifici. Lo stesso Filippo esordisce ammettendo: “Non ho mai avuto particolari dubbi sullo svolgere attività fisica parallelamente agli studi. Indubbiamente non è semplice far convivere le due cose. I viaggi mi impediscono di svolgere una routine tranquilla. Ma devo anche essere onesto con me stesso e pensare di essere un privilegiato. Infatti, prendo sempre come modello altri studenti che non hanno la mia fortuna e riescono a gestire sia l’aspetto sportivo che quello universitario”. Forse, una scelta condizionata anche da alcune esperienze famigliari: “Anche mio nonno correva. Addirittura poteva partecipare alle Olimpiadi del 1948 come staffettista, ma ha preferito laurearsi. Una decisione che ha influito su mio padre e mio fratello”.

MOTIVAZIONI

Mentre Filippo parla, alle sue spalle vengono proiettate le immagini dei suoi sprint vincenti, Tortu dà una sbirciatina ai filmati e si sofferma sugli aspetti più piacevoli del suo sport: “Come ogni sportivo, amo l’adrenalina durante la gara. Certamente, anche l’allenamento dà emozioni particolari, ma non è la stessa cosa della competizione. La particolarità della mia disciplina sta nell’essenza della corsa: è la sintesi di un lungo percorso. Basti pensare che sto lavorando per un appuntamento sportivo che si terrà nel 2020. A volte non è semplice organizzare il tutto. Ad esempio, ho iniziato la preparazione a settembre e la stagione si concludeva ad ottobre…”. Un cammino possibilmente esente da infortuni: “Purtroppo questi fanno parte della vita da atleta. Una volta mi sono confrontato con Tamberi dopo la sua rinuncia ai Giochi di Rio per la frattura alla caviglia. Entrambi concordiamo sul fatto che gli allenamenti più belli siano quelli successivi ad un infortunio perché c’è l’idea di recuperare e tornare non solo ai livelli di prima, ma ancora più forti e competitivi. È un percorso più intenso”.

RECORD

Dati i suoi risultati, è normale che si arrivi a parlare di primati. Tortu non nasconde l’emozione per aver superato il record di Mennea, ma guarda avanti: “Credo che il bello dell’atletica sia correre da soli durante la gara. Secondo me, è piacevole provare a fare il proprio primato personale, senza guardare troppo agli altri. Io cerco sempre di migliorarmi e quando non ci riesco, a volte, mi arrabbio con me stesso. Il record è un obiettivo, ma non deve diventare un’ossessione”. “Pippo” trova anche il modo di scherzarci su: “Il mio primo record è stato rompermi entrambe le braccia in una gara di 100 metri… Niente male insomma”.

IDOLI

Uno dei punti di forza di Filippo sta nella sua capacità di osservazione e nell’amore per lo sport a 360 gradi. Da calcio al basket, nulla sfugge alla giovane stellina azzurra che trova il modo per ridere del momento non idilliaco della Juventus, la sua squadra del cuore: “Cerco di non guardare troppo quelle coppe con le orecchie…”. Da grande appassionato, Filippo è un profondo conoscitore della storia sportiva. Il modello è Livio Berruti, vincitore dei 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960. Lo conferma il velocista azzurro: “Io sono un atleta atipico. Per me, è difficile caricarsi, preferisco rimanere sereno. Solitamente è difficile trovare qualcuno con queste caratteristiche, ma, confrontandomi con Livio, ho scoperto che anche lui è simile a me. È forse la persona più simile a me sotto questo aspetto”. Eppure, nemmeno uno come Berruti potrebbe aiutare Tortu con la nonna brianzola: “Solitamente, dicevo di andare fiero più della mia metà sarda che di quella lombarda. Poi per colpa sua, ho ritrattato ed amo entrambe le mie radici”. Cosa non si fa per amore di nonna…

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Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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