La Vuelta 2019 si è conclusa ieri sera, col successo di Fabio Jakobsen nello sprint di Madrid e la vittoria di Primoz Roglic: il nostro bilancio della corsa a tappe spagnola.

Vuelta 2019

VUELTA 2019, IL BILANCIO: ROGLIC, FINALMENTE… PRIMOZ!

Finalmente Roglic, finalmente Primoz. La bellissima storia del fenomeno sloveno necessitava solo di una grande vittoria per completarsi, e iniziare il suo capitolo successivo. Per chi non lo sapesse, Primoz Roglic è tutto tranne che un ciclista ordinario: fino a 22 anni gareggiava e bene nel salto con gli sci, dove vinse un oro e un argento nei Mondiali juniores. Con gli anni, però, la sua carriera si è spostata verso quella bicicletta che inizialmente era solo uno strumento per allenarsi: nel 2013 Primoz è passato professionista con l’Adria Mobil, nel 2016 ha firmato con l’attuale Jumbo-Visma, e il resto è storia. Primoz inizialmente si è affermato come spiccato cronoman, vincendo il prologo del Giro 2016 e l’argento mondiale nel 2017, poi ha virato verso le corse a tappe: con un pizzico d’intelligenza tattica in più, il quarto posto nel Tour 2017 sarebbe stato un secondo posto alle spalle di Froome, con un pizzico di fortuna in più avrebbe vinto il Giro d’Italia 2019. Roglic era il padrone della corsa, poi ha peccato di superbia e ha avuto sfortuna: lo sloveno ha marcato il solo Nibali, spianando la strada al rientro di Carapaz, ed è crollato nell’ultima settimana per dei problemi fisici (un virus intestinale) e un paio di cadute, chiudendo terzo. Come Simon Yates l’anno scorso, Primoz Roglic si è preso la rivincita alla Vuelta: è stato il padrone della corsa per tutte e tre le settimane di gara, concedendosi un unico e leggerissimo calo nell’ultimo arrivo in salita, quando sapeva già di aver vinto e ha chiuso a otto secondi da Valverde, “gustandosi” la vittoria.

Roglic ha dominato nelle cronometro, esorcizzando i 40” persi nella cronosquadre inaugurale (caduta collettiva della Jumbo-Visma) e costruendosi un grande margine, e poi ha calcolato gli sforzi in ogni minimo particolare: quando tutti si aspettavano che cedesse, al 28% di Los Machucos, ha attaccato con Pogacar e lasciato la tappa al giovane connazionale, e ha saputo controllare al meglio la corsa. Non piace per il modo in cui corre (modo ”alla Indurain”), ma ha vinto: è lui il vincitore della Vuelta 2019, che probabilmente sarà la prima di una lunga serie. Perchè Primoz è il prototipo del moderno uomo da corse a tappe: forte a cronometro, regge in ogni salita e sa gareggiare anche senza una squadra formidabile. In più, l’anno prossimo avrà lo stimolo dato dall’avere “in casa” Dumoulin, e dunque darà il massimo per confermarsi. Dopo la prima Vuelta, Primoz non vuole fermarsi: riuscirà a segnare un’epoca e vincere anche uno tra Giro e Tour? Lo scopriremo, ma sicuramente il successo di Primoz Roglic conferma il “collegamento” tra Giro, Tour e Vuelta: l’anno scorso avevano vinto tre britannici (Froome, Thomas, Yates), nel 2019 è toccato alle “prime volte” di Carapaz, Bernal e Roglic. Nessuno di loro aveva conquistato un grande giro, tutti e tre hanno vinto con merito. 

VUELTA 2019, IL BILANCIO: VALVERDE E POGACAR, IL “VECCHIO” E IL “BAMBINO” CHE VANNO SUL PODIO

“Un vecchio e un bambino
si preser per mano
e andarono insieme
incontro alla sera”.

O, come in questo caso, incontro al podio. Il “vecchio” è Alejandro Valverde, il “bambino” è Tadej Pogacar. Sono loro i nuovi protagonisti della storica canzone dei Nomadi, e coloro che hanno affiancato Primoz Roglic sul podio di Madrid: un 39enne e un 20enne, per un podio estremamente eterogeneo. Valverde è il campione che si conferma: la maglia da campione del mondo ha donato una seconda giovinezza all’Imbatido, che oltre ad aver vinto una nuova tappa alla Vuelta (sono 12) ha conquistato uno strameritato podio. Valverde non ha mai mollato in salita, è stato solido e coriaceo, e di fatto (a posteriori) si è visto sfuggire il sogno-Vuelta per l’unico cedimento a Los Machucos e per la cronometro: a 39 anni è stato formidabile, e ha annientato Nairo Quintana nel duello interno. Ora proverà a conquistare il suo secondo Mondiale, anche se il percorso inglese non gli si addice. Tadej Pogacar invece è la nuova espressione del nuovo che avanza in un ciclismo ricco di talenti U23 già fortissimi tra i pro: ci sono gli ex ciclocrossisti van Aert e van der Poel (favorito per il Mondiale), i fenomeni alla Evenepoel e i giovani scalatori che danno paga ai big. Tadej Pogacar, classe ’98 che compierà 21 anni tra qualche giorno, si è confermato alla Vuelta dopo un’ottima stagione coi colori della UAE. Sloveno come Roglic, ma scalatore puro, Pogacar ha vinto tre tappe: due con gli attacchi in solitaria a Cortals d’Encamp e Plataforma de Gredos, una dopo l’azione in tandem con Roglic a Los Machucos. Tre vittorie di tappa, la maglia bianca e un podio acciuffato da veterano: fino a venerdì sera Tadej era quinto dopo il suo unico cedimento, sabato ha attaccato ai -40km nell’ultima tappa in salita e, conquistando 1’35”, ha sfiorato il secondo posto nella generale. Tadej Pogacar, o come lo chiamano i giornalisti italiani Pikachu, ci darà moltissime soddisfazioni in futuro. E il podio della Vuelta 2019, con Roglic in rosso davanti al 39enne Valverde (+2’33”) e al 20enne Pogacar (+2’55”), è assolutamente poetico. 

VUELTA 2019: QUINTANA E LOPEZ LE DELUSIONI, ITALIA ANONIMA

Abbiamo citato il “vecchietto” Valverde, e tra i vecchietti dobbiamo citare anche Philippe Gilbert, un altro sempreverde che ha vinto due tappe e si candida a vincere il Mondiale. Gilbert corre per quella Deceuninck-Quickstep che ha vinto cinque tappe (2 Gilbert, 2 Jakobsen, 1 Cavagna) e con le sue 62 vittorie stagionali si conferma la miglior squadra stagionale: coi suoi gregari ha creato il ventaglio che stava ribaltando la Vuelta, e ha consentito a Jakobsen di battagliare con un mostro degli sprint come Sam Bennett. Gilbert, Quickstep e Sam Bennett (oltre a Majka, solido e sesto) rientrano tra le note positive della Vuelta, ma ci sono anche varie note dolenti. La maggiore risponde nuovamente al nome di Nairo Quintana, autore dell’ennesimo grande giro anonimo. Raramente abbiamo visto un corridore così discontinuo nell’arco della sua carriera: Nairo è stato un grande scalatore e ha vinto dei grandi giri, ma ormai è l’ombra di quel corridore ed è stato scaricato dalla Movistar, che ha fatto spallucce al momento dell’annuncio del suo passaggio all’Arkea-Samsic (sarà definitivo crollo o rinascita?). In questa Vuelta è stato forte nella prima settimana, è successivamente crollato, si è rialzato col “ventaglio” che l’ha riportato in seconda posizione ed è nuovamente andato ko: impalpabile in salita e tatticamente disastroso come tutta la Movistar, che come sempre (Giro escluso) ha dato la sensazione di non sapere da che parte girarsi.

Ha chiuso quarto (+3’46”) per grazia ricevuta, e anche per l’inconsistenza di Miguel Angel Lopez: Superman è sotto l’effetto della kryptonite, ed ha disputato una Vuelta anonima. Nelle prime settimane sembrava il più efficace in salita, poi si è sgonfiato come un palloncino bucato: emblematiche le immagini di Fuglsang che lo spingeva ad attaccare dopo aver fatto una grandissima selezione, mentre il suo “capitano” si girava come a chiedere ”Perchè io?”. Il risultato è stata una Vuelta disastrosa per lui, che ha perso anche la maglia bianca e ha chiuso quinto (aka ultimo) a 4’48”. È stata senza dubbio una Vuelta strana, ricca di colpi di scena (il ritiro di Uran, la frazione del ventaglio a 50km/h di media), con una classifica GPM inattesa (Bouchard, soli 76pti) e protagonisti inaspettati: su tutti Carl Fredrik Hagen, che da ragazzo mischiava la carriera nel duathlon (corsa+ciclismo) e nell’atletica a quella nel triathlon invernale (corsa+ciclismo+sci di fondo), dove diventò campione del mondo U23. A 28 anni Hagen è arrivato ottavo nella Vuelta (davanti a Soler e Nieve, staccati 22′) disputando un’ottima corsa e dimostrandosi un buono scalatore: bene anche Fuglsang da gregario/attaccante, disastroso invece Chaves, che sembra ormai irrecuperabile e ha chiuso a 1h dal vincitore. E l’Italia? Riponevamo tante speranze in Fabio Aru, che dopo una buona prima settimana (era nei dieci) è crollato fisicamente e si è ritirato, sfiancato (pare) dal citomegalovirus. La nostra Vuelta, complice anche l’assenza di un Trentin che ha preferito studiare van der Poel correndo al Tour of Britain, è stata d’attacco e gregariato: qualche azione di Brambilla e Fabbro, le trenate di Cataldo per Lopez e Conti per Pogacar, e poco altro. Siamo stati ”polvere” in una corsa a tappe che si conferma, per conformazione e numero di salite, la più spettacolare (nonostante un parco-partenti inferiore) tra le tre del lotto.

ULTIME NOTIZIE SPORTIVE AGGIORNATE SU AZZURRI DI GLORIA

News di sport a cinque cerchi tutti i giorni  i giorni sul nostro sito.

Scopri tutte le ultime notizie sportive di ciclismo su strada anche sui nostri social: FacebookTwitterInstagramYouTube.

Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

Potrebbero anche piacerti...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *