Sono trascorsi 11 anni dalla scomparsa di Wouter Weylandt al Giro d’Italia. Il corridore belga ha lasciato un segno indelebile tra gli appassionati.

La paura, quella nuda e cruda, è una frequentatrice del ciclismo. Dietro ogni caduta, ogni incidente, c’è lei. Ci sono giorni in cui poi tocca davvero l’apice e diventa il preludio di una tragedia. Il Giro d’Italia 2011 lo ha sperimentato il 9 maggio. La discesa del Passo del Bocco è diventata improvvisamente gremita tra l’ambulanza, i medici della carovana rosa e gli elicotteri che cercavano di far luce sull’accaduto. Purtroppo la notizia era solamente una: Wouter Weyland non c’era più. Il corridore belga classe 1984 perdeva la vita dopo una violentissima caduta, urtando un muretto e atterrando duramente sull’asfalto. D’un tratto, l’innocenza della gara, tipica degli eventi all’insegna del divertimento, era macchiata irreparabilmente. 

L’amico

Il ricordo di Weylandt è ancora vivo oggi. In parte perché il suo tragico destino ha fatto riflettere su quanto il ciclismo sia uno sport con una componente di pericolo. In parte perché in gruppo Wouter si era fatto apprezzare per la sua generosità e per la simpatia. Era amico di Tom Boonen, che pure lo aveva scelto come uomo di punta per la sua squadra, e di Tyler Farrar, con cui si sfidava negli arrivi in volata. Anche per questo motivo, il suo ultimo numero di gara, il dorsale 108, è stato ritirato dal Giro.

Vincente

Più Oriali che Paolo Rossi, più gregario che campione. Eppure Weylandt si è anche rivelato vincente. Nel 2005 è stato selezionato dalla Quick-Step per uno stage, ma una mononucleosi ha rinviato il suo esordio. Non è bastato a frenarlo, come dimostra il primo acuto al Grand Prix Briek Schotte. E poi è arrivato il 10 maggio 2010, il giorno più bello della sua carriera, con la vittoria al Giro d’Italia. Era tutto magico in quel pomeriggio a Middelburg, tutto perfetto. La ricerca dello spazio, l’allungo vincente e l’esultanza sul traguardo, con le braccia allargate in una V gigante. Weyland sorrideva in un lunedì da sogno senza sapere che esattamente un anno dopo si sarebbe verificata la tragedia. Alla partenza del Giro 2011 avrà immaginato di riuscire a vincere ancora una tappa, magari per avere un gadget da regalare alla figlia che sarebbe nata nei prossimi mesi. Un dettaglio che rende ancora più triste un destino infausto e non può non far sentire ancora più vicino uno come Wouter.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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