Il messinese della Bahrain Merida torna alla vittoria a distanza di un anno dall’impresa alla Sanremo e dal drammatico infortunio sulle strade della Grande Boucle.

Maestosa ed imponente. La vetta della salita di Val Thorens richiama piacevoli discese con gli scii lungo i pendii della montagna. Una cima che domina la Savoia, punto d’incontro fortemente significativo tra Francia e Italia. La dinastia omonima della regione francese divenne fondamentale nella storia della penisola italiana, nonostante le origini transalpine. Il trasferimento a Torino risaliva al matrimonio tra Adelaide di Susa ed Oddone di Savoia. Nei secoli seguenti, i sovrani di questa casata divennero un riferimento importante nello scacchiere italico prima ed i fautori della stagione del Risorgimento poi, fino alla riunificazione del 1861. Un grande traguardo costato ai Savoia la cessione della loro regione originaria in cambio dell’aiuto offerto loro da Napoleone III.  Forse, idealmente, è anche giusto che ad imporsi sulla salita simbolo di questo distretto sia Vincenzo Nibali: lo Squalo è uno dei pochissimi ad aver festeggiato sia sulle strade del Giro che sugli Champs-Elysées di Parigi.

MALEDIZIONE

Il siciliano della Bahrain Merida torna a far pace con la vittoria ed il Tour de France dopo un anno difficilissimo. Dodici mesi fa, il campione italiano aveva sbancato il Casinò della Milano-Sanremo con un attacco di rara bellezza negli ultimi sette chilometri e si era concentrato sulla Grande Boucle per mettere fine allo strapotere del team Sky. La tracolla della macchina fotografica di un tifoso si è impigliata sul manubrio della sua Merida ed ha innescato una terribile caduta dall’esito infausto: frattura della decima vertebra toracica. Un infortunio che ha annullato le ambizioni dello Squalo nella seconda parte di stagione. Per Nibali sono stati mesi durissimi. L’incertezza di non tornare più quello di prima si è accompagnata ad un digiuno di successi piuttosto lungo per un fuoriclasse della sua caratura. Tuttavia, la strada ha dato segnali confortanti mano a mano che il 2019 entrava nel vivo. Il secondo posto al Giro ha confermato il grande ritorno di Vincenzo su altissimi livelli, ribadendo l’ottima piazza d’onore al Lombardia 2018.

GIOIA

Eppure c’era quel tabù in materia di vittorie che iniziava a diventare pesante per il messinese. I fuoriclasse si cibano di imprese e successi. Forse, Nibali ha avvertito il bisogno di concentrarsi su questo obiettivo, consapevole di dover tutelare il proprio corpo contro le fatiche e l’usura. Non ha condiviso la scelta della sua squadra di inviarlo alla Grande Boucle per fare classifica. E alla fine ha avuto ragione lui. La filosofia dei piccoli passi, delle scelte oculate e del conoscere i propri limiti ha avuto la meglio sulla programmazione più fredda e manageriale. Punti di vista differenti e non per forza scindibili in “giusto” o “sbagliato”. Vincenzo è uscito di classifica, convinto dalle sensazioni del proprio fisico. Ha fissato le tappe ideali per tentare l’arrembaggio. Si è fatto vedere sui Pirenei ed ha dato le prime spallate sulle Alpi. Val Thorens era un’occasione troppo ghiotta. Nibali ha attaccato con l’impeto tipico delle sue cavalcate. Pedalata dopo pedalata ha cancellato gli incubi di un anno fa; ha esorcizzato il fantasma di un digiuno di successi ancora più lungo. Sul traguardo il sospiro di sollievo. Re Vincenzo è tornato, anche se non vestirà di giallo sui Campi Elisi come cinque anni fa. Sfatato il tabù, è tempo di guardare nuovi orizzonti. Lo Squalo non ha perso l’appetito.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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