Va in archivio la prima tappa della Grande Boucle, vinta da Mike Teunissen, davanti al campione della Bora Hansgrohe.

Peter Sagan (Getty Imagine, fonte Cycling Weekly)

Bruxelles non è troppo distante da una località divenuta storica: Waterloo. In quel luogo, nel 1815, un’ampia coalizione, composta prevalentemente da inglesi e prussiani, sconfisse l’esercito francese comandato da Napoleone Bonaparte, mettendo fine al sogno imperiale transalpino. Duecentoquattro anni dopo, la cittadina belga ha assistito al passaggio della carovana del Tour de France in una tappa storica. A casa del Re Eddy Merckx ci si aspettava un colpo di reni dal sovrano delle ultime stagioni in materia di grandi appuntamenti. Ed invece Sua Maestà Peter Sagan ha assaporato il sapore acre della sconfitta. Certo, non una Waterloo napoleonica. C’è la maglia verde con il primato nella classifica a punti a mitigare parzialmente l’amarezza di un obiettivo mancato. Ma a parlare maggiormente è lo sguardo misto di paura ed incertezza del Re slovacco subito dopo il traguardo, con la palpabile sensazione di essere stato beffato per un’inezia dall’olandese Mike Teunissen. Occhi che raccontano l’impotenza e la fragilità di un campione apparso per una volta meno pungente del solito.

PROTAGONISTA

Dopo quattro anni da sovrano indiscusso, Sagan si è riscoperto umano. Il 2019 si sta rivelando una stagione estremamente probante e faticosa. Per la prima volta ha assaporato il fastidio della vittoria che non arriva. Sembra essersi momentaneamente interrotto quel periodo in cui viene quasi tutto facilmente, in cui volere è potere. Eppure Peter è protagonista anche quando perde. In parte perché gli avversari spesso arrivano a marcarlo allo sfinimento, finendo per perdere di vista pericolosi outsider. In parte perché sorprende sempre quando la prassi subisce uno stop, quando l’abitudine non trova la sua naturale ripetizione. Essere sulla copertina nella vittoria e nella sconfitta: questo è il destino dei fuoriclasse. Sagan può consolarsi. La strada da qui a Parigi riproporrà tante occasioni per rifarsi. E la conquista della settima maglia verde può rendere la sua stagione da normale a straordinaria.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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