Si è conclusa la Vuelta 2020, vinta da Primoz Roglic davanti a Richard Carapaz. Un’edizione in cui va sottolineato anche il ritorno di Chris Froome.

Primoz Roglic (a destra) si complimenta con Richard Carapaz (fonte profilo Twitter La Vuelta)

Si dice che chi trova un amico scopre anche un tesoro. Primoz Roglic non parla fluentemente l’italiano e probabilmente non conoscerà questo detto popolare, così come forse non avrà nemmeno visto l’omonimo film di Bud Spencer e Terence Hill del 1981. Tuttavia lo sloveno potrebbe decidere di individuare uno spazio sul corpo per tatuarsi questa frase, magari accanto alla grande croce che porta sul braccio destro. Una scelta che renderebbe merito alla sua squadra, la Jumbo Visma, straordinaria nel supportare il proprio campione nelle giornate di gloria come nei momenti di difficoltà nella Vuelta 2020.

AMICIZIA

Le gambe di Roglic si erano già fatte pesanti e imballate al termine della seconda settimana. In quell’occasione ci avevano pensato le rampe al 24% dell’Angliru a far traballare lo sloveno che peraltro sul traguardo della salita asturiana aveva perso il primato a favore di Richard Carapaz (Ineos Grenadiers). Tuttavia si era salvato grazie all’aiuto del compagno Sepp Kuss, decisivo nel fare da riferimento per il capitano quando la bussola sembrava essere stata smarrita. Qualcosa di analogo è accaduto anche nella penultima frazione, quella con arrivo sull‘Alto de Covatilla, quando nei chilometri finali la stoccata di Carapaz aveva fatto temere un remake della tragedia sportiva di La Planche des Belles Filles. Roglic ha rivissuto lo spettro della beffa in extremis, con la stessa pedalata affaticata e lo sguardo perso. Ma mentre in Francia la cronometro individuale non prevedeva aiuti esterni, stavolta alla Vuelta c’era la squadra pronta a sostenerlo. E la figura cruciale è stata Lennard Hofstede, gregario olandese di 26 anni che si è fatto trovare sul cammino di Primoz proprio nel momento della verità, rintuzzando così l’assalto di Carapaz.

DOMINATORE

L’importante presenza della Jumbo Visma non deve comunque sminuire il valore dei trionfi di Roglic. Lo sloveno si conferma per il secondo anno consecutivo il miglior ciclista al mondo per risultati. E questo 2020 è stato, se possibile, ancora più netto nel suo dominio. Oltre alla Vuelta, peraltro la seconda dopo quella del 2019, Primoz ha vinto anche la Liegi-Bastogne-Liegi battendo allo sprint il fresco campione del mondo Julian Alaphilippe. Inoltre in Spagna ha conquistato anche quattro successi di tappa, oltre alla classifica a punti, che si sommano alla frazione vinta al Tour de France e agli altri sette acuti. Numeri che certificano una superiorità notevole. Roglic si è imposto in tutti i modi, dallo sprint a ranghi ristretti alla stoccata nell’ultimo chilometro, dalla sparata in salita, mostrata in occasione dei campionati nazionali, alla cronometro. Insomma, un atleta dal bagaglio tecnico variegato, lucido al punto da riconoscere le proprie debolezze appoggiandosi alla squadra. Perché solo i saggi sanno trovare i propri limiti capendo quando è il momento giusto per scavalcarli.

GIOCO DI SQUADRA

Roglic ha trovato anche un alleato importante nella Movistar. La formazione spagnola ha tirato nei chilometri finali della penultima tappa ufficialmente per aiutare l’opaco capitano Enric Mas. Di fatto, però, hanno vanificato parte del lavoro fatto da Carapaz per sovvertire le gerarchie della classifica. E, secondo l’agente dell’ecuadoriano Giuseppe Acquadro, la mossa sarebbe una ripicca per il traumatico divorzio di un anno fa. Curiosamente, un gioco di squadra perfetto aveva fatto vincere a Richard il Giro d’Italia 2019. Sempre una tattica, ma stavolta attuata dalla sua ex formazione, si è rivelata fatale per lui. Nonostante un 2020 avaro di vittorie, Carapaz può trovare le sue gioie proprio guardando all’interno del team Ineos Grenadiers. Difficile trovare nella corazzata britannica un corridore capace di adattarsi con militaresca duttilità a ogni consegna, sia essa il gregariato o la condotta dell’armata in battaglia. Qualità non riscontrabili facilmente, che hanno conquistato anche l’ammirazione di Chris Froome.

RICERCA

L’anglo-keniota è stato uno dei protagonisti della Vuelta 2020, anche se in maniera meno appariscente. Froome ha vissuto un viaggio nella corsa molto intenso. Più che sulla lotta per la vittoria finale, Chris si è concentrato su se stesso. Ha provato a ritrovare la pedalata dei giorni migliori, quella che lo ha reso il re del mondo su due ruote. Si è messo al servizio della squadra aiutando Carapaz, quasi volendo ripercorrere le orme della sua gioventù, quando era uno scudiero alla Barloworld che sognava di diventare sovrano come Re Artù. Il viaggio si è concluso con la possibilità di celebrare a Madrid il trionfo del 2011, arrivato a tavolino proprio quando “Froomey” era in ospedale dopo il terribile incidente di un anno fa. Un curioso festeggiamento anacronistico perfettamente in linea con la sua ricerca interiore. Sarà il 2021 a dire se, con la nuova divisa della Israel Start Up Nation, avrà ritrovato se stesso.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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