Per trovare atleti così conosciuti e chiamati con più di uno pseudonimo, in Italia, si può guardare solo in due direzioni. L’universo calcistico da una parte, e un ristretto Valhalla di sportivi che hanno portato alla ribalta la loro disciplina dall’altra.

Parlare di Alberto Tomba significa parlare dello sciatore più conosciuto e radicato nella cultura popolare italiana degli ultimi trent’anni, e per raccontarlo vogliamo utilizzare proprio la chiave di lettura di inizio post: vogliamo raccontare Alberto Tomba attraverso i suoi soprannomi.

Tomba “La Bomba”

Alberto Tomba, nella sua carriera da sciatore, ha ottenuto un successo incredibile grazie soprattutto alle sue doti mentali. Pur avendo mezzi tecnici molto sviluppati, infatti, la sua personalità in pista ed il suo stile esplosivo, unito ad una ovvia assonanza tra ordigno e lemma anagrafico, hanno avuto gioco facile nel dargli il soprannome che avrebbe caratterizzato lasua carriera da sportivo.
Vero e proprio enfant prodige dello sci italiano, a 19 anni correva già coi grandi: risale infatti al dicembre 1985 la sua prima apparizione in coppa del mondo e a un anno dopo (363 giorni per essere precisi) il suo primo podio in una gara iridata.
Se ci fermiamo per un istante e proviamo a tracciare un grafico della sua chinadi crescita, ignorando il fatto che si stia parlando di uno dei più grandi disempre, si potrebbe pensare a un cosiddetto “early bloomer”: un ragazzino che spara i propri botti migliori forte dell’irruenza giovanile. E proprio in quest’ottica vale ancora più la pena di fare un significativo passo in avanti,al 1996.

Un ormai trentenne Alberto Tomba guida la spedizione azzurraa Sierra Nevada, in Spagna; una competizione che l’anno prima non si tenne a causa di avverse condizioni meteorologiche (in altre parole: non c’era neve).La differenza di medagliere tra Italia e Svezia la fa lui, da solo, dando all’Italia il primato di medaglie conquistate ai mondiali. È il momento in cui “La Bomba” inizia a parlare apertamente di ritiro. Volendo giocare a quelli che hanno vissuto su Marte a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, potremmo addirittura pensare che magari Alberto Tomba abbia avuto una curva di crescita agonistica a U, nella quale inizio e fine ne rappresentano i punti più alti. Invece andando a vedere scopriamo che la sua costanza e la sua capacità di non essere ai pagodei propri successi lo hanno portato a vincere qualsiasi titolo in carriera: medaglia d’oro in olimpiadi (due volte a Calgary ’88 in slalom speciale e gigante, e di nuovo nel gigante di Albertville ’92), mondiali (speciale e gigante a SierraNevada ’96), e coppe del mondo (gigante nel ’91, speciale nel ’94, entrambe in’88, ’92 e ’95, anno in cui ha sollevato al cielo la coppa del mondo di scialpino).

La quantità semplicemente irreale di titoli che ha portato a casa lo ha reso non solo il più vincente, ma anche il più costante scialpinista che la scuola italiana ricordi.

L’uomo dalle quattro ruote motrici

Alberto, fresco 28enne, è impegnato a Lech in una gara valida per la coppa del mondo di slalom. Entra in gara in un modo che si puòdefinire prepotente, macina tempi e velocità che sembrano fuori dalla portata umana, per la distanza che mette tra sé e i suoi avversari. Cotelli sta commentando la manche per la defunta TMC, o TeleMonteCarlo, ed ha appena affermato che Albertone sta rischiando molto. “Se capisce, e capisce, adesso comincerà a ragionare un po’ di più e ad attaccare un qualcosina meno”.

Ironia della sorte, fa giusto in tempo a terminare l’elaborazione di quel pensiero. Siamo al secondo 32 della prova, quando Alberto va lunghissimo e riesce soltanto in extremis a recuperare una traiettoria che gli consenta di restare in gara.
Cotelli corre ai ripari, parla di possibilità ancora buone per ottenere “un piazzamento”, ma quel giorno evidentemente Alberto voleva farsi da solo il regalo di compleanno. Continua a scendere come una saetta, come se nulla fosse successo, e ottiene il miglior tempo. La sua espressione è un misto di incredulità e trollface paleolitica.

Tomba incredulo all'arrivo di Lech
Lo res come la tradizione degli anni ’90 impone

Resta solo da aspettare l’austriaco Sykora, l’ultimo della manche a correre. Anche lui non riuscirà a battere il tempo diAlberto. Non ci riuscirà per un soffio, per due centesimi, ma saranno quei duecentesimi che consegneranno Alberto Tomba alla leggenda con una vittoria impossibile. Nel 2016 Giovanni Bruno gli ricorda proprio quella vittoria, e Tomba minimizza l’incidente dicendo che “era andato a prendersi un caffettino”. E per il modo in cui ha raddrizzato la propria traiettoria dopo quel lungo, proprio Cotelli avrà a dire di Alberto Tomba che è “l’uomo dalle quattro ruotemotrici”.

Alex l’ariete o Albertone

Diciamocelo: quando si usa il suffisso -one dopo un nome si possono voler designare due tipi di persone: un primo tipo in carne e un secondo tipo guascone.
Albertone si è sempre inserito in questa seconda categoria: ironico e autoironico, la sua forza fuori dalle piste è la verve che ha messo ininterviste e interventi, al punto da diventare un personaggio della cultura popolareitaliana, diventando un feticcio della Gialappa’s con le imitazioni di Gioele Dix.

Nei panni del protagonista di “Alex l’ariete”, poi, è diventato leggenda anche nel panorama trash italiano. La sua interpretazione (così come quella di Michelle Hunziker), sono state così terribili da diventare un culto, guadagnandosi anche una recensione del primo Yotobi anni dopo.

Un personaggio fuori, un campione dentro la pista. Uno di quelli capaci di fare un miracolo come quello di Lech, e dichiarare anni dopo che i festeggiamenti erano stati chiassosissimi. Un virgolettato che conclude questo post perché riassume meglio di qualsiasi ulteriore parola Albertone Tomba.

“Sikora quando è arrivato mi aveva visto (incredulo, NdA), pensa dopo in albergo che ha visto cos’ho combinato”.

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