Stiamo per entrare nell’ultima settimana olimpica. A metà del nostro percorso ai Giochi Olimpici di Rio 2016, possiamo tracciare un primo quadro della rassegna a cinque cerchi sottolineando aspetti positivi e negativi emersi in questa prima fase.

Purtroppo questa Olimpiade non sarà ricordata come un esempio di organizzazione perfetta. Ci sono stati tanti imprevisti e le condizioni per le gare non sono state ottimali, come si sperava. Al di là delle polemiche inerenti le condizioni del Villaggio Olimpico, ancora incompleto a tratti, sono emerse altre problematiche. Negli ultimi giorni si è parlato a lungo dell’acqua verde della piscina per i tuffi. Le rassicurazioni degli organizzatori non hanno tranquillizzato le tuffatrici, tra le quali c’era anche una scettica Tania Cagnotto. Fortunatamente l’allarme è presto rientrato nei giorni successivi. Non si può dire lo stesso per il torneo di golf, che ha convissuto per tutto il tempo con una fauna decisamente poco mansueta, come caimani e piccoli serpenti presenti nei laghi adiacenti i terreni di gioco. Le ragioni della presenza di questi animali è dovuta dalla scelta di costruire la struttura nei pressi di una palude, dimostrando che gli errori degli anni scorsi non hanno insegnato nulla.

Tra le note negative figura anche la grana doping. La vicenda Schwazer rappresenta solamente la punta dell’iceberg di una serie di casi controversi. Probabilmente questa Olimpiade rischia di segnare un pericoloso precedente in diverse discipline. L’organizzazione antidoping è stata un flop senza mezze misure o attenuanti. Non è stato tenuto un metro di giudizio uniforme. Sono stati ammessi atleti con casi di positività più o meno evidenti e ne sono stati estromessi altri senza un’apparente motivo (è il caso di Il Nur Zakarin, ciclista russo mai risultato dopato, ma cancellato come altri russi dall’elenco dei partecipanti). La gestione di casi doping nei mesi precedenti l’evento olimpico ha fatto discutere, con squalifiche soft per non impedire la partecipazione alla manifestazione a cinque cerchi o veri e propri daspo, come con Alex Schwazer. Questa giustizia ingiusta, casuale ed iniqua ha inquinato il clima interno al Villaggio Olimpico. Tra molti atleti c’è diffidenza reciproca, manca il riconoscimento del successo altrui. Si è creato un forte sospetto per qualsiasi risultato, dovuto alla sfiducia verso le istituzioni che dovrebbero garantire la correttezza dell’evento sportivo.

In questo clima di scarsa apertura si è insinuato anche il veleno della politica. Sono state riaperte ferite mai del tutto rimarginate. La Serbia ha chiesto ai propri atleti di non presenziare cerimonie di premiazione in cui vi siano anche kosovari. I libanesi non hanno voluto sul proprio pullman olimpionici israeliani. Il caso forse più discusso ed eclatante riguarda il judoka egiziano Islam El Shehaby, che non ha stretto la mano al collega israeliano Or Sasson. Un gesto forte e molto discusso anche in Egitto. Tutto ciò in barba ai valori a cinque cerchi ed alla famosa tregua olimpica. La politica, purtroppo, ha fatto capolino anche qui.

In questo scenario desolante, ci sono anche lati ironici ed umani, che toccano da vicino lo spettatore. C’è lo sguardo folle con tanto di linguaccia, nel bel mezzo dell’inno inglese, del Baronetto Sir Bradley Wiggins, ancora campione su pista. Il tutto tra gli sghignazzi dei compagni. Alla faccia dell’aplomb britannico, ma in fondo va bene così: God save “Wiggo” e le sue stravaganze in mezzo ad un perfezionismo eccessivo.

All’Olimpiade c’è spazio anche per le famiglie. Un giorno Michael Phelps racconterà al figlioletto Boomer di quando lo baciò dopo la vittoria del suo 21esimo oro olimpico. Certamente per lo Squalo di Baltimora vincere una medaglia davanti alla famiglia è stato un momento indimenticabile. Per i romantici il punto più alto toccato finora è stata la dichiarazione di matrimonio in mondovisione di Qin Kai, due volte oro olimpico nei tuffi sincronizzati dal trampolino a Pechino 2008 e Londra 2012, alla fidanzata e collega He Zi, fresca medaglia d’argento. Applausi e complimenti ai due cinesi.

Come anticipato sopra, la politica ha fatto capolino nella manifestazione olimpica. Eppure c’è anche un lato positivo di questo ingresso. Nel corso della premiazione del fioretto individuale femminile, Elisa Di Francisca ha sventolato la bandiera europea al posto di quella italiana. Un segnale forte, fortissimo, correlato dalle parole di incoraggiamento e fiducia verso l’Unione Europea, tormentata da problemi interni e dal pericolo terrorismo. “Insieme si può fare” è il messaggio di Elisa. Se potesse essere lo slogan emergente da questa Olimpiade, sarebbe la medaglia d’oro simbolica più importante di sempre.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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