Spesso si fa fatica ad andare oltre al calcio, soprattutto in Italia. Ogni tanto però si sente parlare di altri sport, almeno di quelli che rientrano nel novero delle discipline olimpiche. Ma l’universo di attività sportive è infinito e alcune, seppur poco praticate, riescono a descrivere alla perfezione il luogo in cui hanno successo.

“Wilkommen in Südtirol, Benvenuti in Alto Adige” recita il cartello posto sull’Autostrada A22 nel momento in cui ci si lascia il Trentino alle spalle e si valica, in direzione nord, il confine con la vicina provincia autonoma di Bolzano. Da quel momento la segnaletica stradale diventa bilingue (anche trilingue in alcune zone), l’architettura cambia con i balconi delle case che lasciano spazio agli “Erker” verandati e le targhe delle auto si colorano con un piccolo simbolo rosso, la bandiera con l’aquila, posto alla destra della sigla “Bz”. Qui, dove la cultura italiana e quella austriaca si incontrano e, talvolta, si scontrano, esiste una squadra unica nel suo genere. O meglio, semplicemente unica. Sì, perché in Italia non ce ne sono altre che praticano la stessa disciplina sportiva, non esiste un campionato, non ci sono partite da giocare: è l’SSV Bozen (da leggere “es es fau”), unico club di faustball dello Stivale. E, per questo motivo, allo stesso tempo anche nazionale italiana.

Una partita di faustball (Twitter)
Una partita di faustball (Twitter)

Praticato dalla popolazione germanofona della regione, il faustball è uno sport molto popolare nei Paesi del Nord Europa ma con un certo seguito anche in Sud America. Si gioca su un campo molto simile a quello della pallavolo e infatti i più distratti potrebbero scambiare il riquadro d’erba dove si allena la squadra di Bolzano proprio per un campo da volley. Ma a ben guardare, le differenze sono lì a portata di sguardo: la rete è sostituita da una corda spessa circa cinque centimetri e posta a due metri di altezza e il campo misura 50 metri in lunghezza e 20 in larghezza. Se proprio questi due indizi non fossero sufficienti, basterebbe allora vedere giocare la squadra per capire che si è davanti a uno sport diverso. Il faustball infatti prevede il servizio da appena tre metri di distanza e, se come nel volley è possibile fare tre passaggi, è anche vero che alla palla è consentito rimbalzare una volta. Inoltre, per mandarla dall’altra parte è necessario usare il pugno (Faust significa proprio cazzotto in tedesco) o l’avambraccio. Infine, a scendere in campo sono solamente cinque giocatori per parte e non sei come nella pallavolo. Il punto si ottiene quando la palla compie più di un rimbalzo, si giocano tre set da 20 punti ciascuno, ma è necessario vincere con due punti di vantaggio o totalizzando per primi 25 punti.

Insomma, si tratta di uno sport non particolarmente complicato e molto simile alla pallavolo che, tra l’altro, in Italia è molto popolare ma, come detto, in Europa, il faustball non è praticato che da Bolzano in su. Per capire il perché è necessario fare un salto a ritroso nel tempo di 1800 anni.

Dall’Impero romano all’Austria-Ungheria: l’evoluzione del faustball

La prima menzione di questo sport risale infatti al 240 dopo Cristo, durante il regno dell’imperatore Giordano III e da lì in poi le citazioni si susseguono nel corso della storia fino al 1555, anno in cui si registra addirittura il primo regolamento, redatto in italiano. Diventato prevalentemente un passatempo per nobili durante il XVII secolo, questo gioco famoso in Italia entra in contatto per la prima volta con il mondo tedesco. È infatti Johann Wolfgang von Goethe a descriverlo nel suo Italienische Reise, il resoconto del suo viaggio in Italia. Il 16 settembre del 1786 a Verona il poeta scrive: “Quattro nobili veronesi colpiscono la palla contro quattro vicentini”. Questo derby del passato diventa quindi la porta verso il nord Europa, anche se per una definitiva consacrazione è necessario aspettare un altro secolo.

Gli anni che vanno dal 1867 al 1871 sono cruciali per la Germania che, ultima tra le grandi nazioni d’Europa, porta avanti il suo processo di unificazione nel bel mezzo della Guerra franco-prussiana contro la Francia di Napoleone III. Proprio in quel periodo vengono organizzati i primi tornei di faustball nel Paese: è un successo, tanto che al sorgere del secolo successivo il gioco è ormai molto popolare in diverse zone del mondo tedesco. Tra queste, ovviamente, non può mancare l’Impero austro-ungarico del quale Bolzano fa ancora parte. Nella piccola cittadina costruita nella valle dell’Adige il faustball arriva nel 1911: questa è la data riportata sulla prima fonte ufficiale nella quale il gioco viene citato. Sarà anche una delle ultime eredità che l’impero multinazionale guidato da Cecco Beppe lascerà a questa terra: otto anni e una guerra mondiale più tardi, infatti, il Südtirol sarebbe diventato Alto Adige.

Una prerogativa del “mondo tedesco”

Quando l’Italia si impossessa del nuovo confine del Brennero, le discipline con la palla di origine latina hanno ormai le ore contate. I nuovi sport portati dai marinai inglesi stanno prendendo il sopravvento, con il calcio che presto sarebbe diventato lo sport popolare per eccellenza. In Alto Adige, però, il faustball resiste così come in Austria, Germania ma anche nelle terre lontane d’Argentina e Namibia, portato dagli immigrati tedeschi nella prima e dai colonizzatori nella seconda agli inizi del XX secolo. Nemmeno l’italianizzazione forzata della regione, tentata con ogni mezzo dal regime di Mussolini, cancella questa passione così particolare e nel 1946, al termine della guerra, la SSV Bozen inizia le sue attività.

Il resto d’Italia però ne è completamente disinteressato e, mentre negli anni Sessanta in Germania e Austria nascono federazioni e tornei, la squadra di Bolzano resta l’unica dello Stivale. Si organizzano anche campionati mondiali e, a rappresentare l’Italia, non può che andare proprio la compagine bolzanina, dopotutto i suoi giocatori hanno tutti la nazionalità italiana. Il club, però, non si dà per vinto e partecipa alla Bundesliga austriaca, il principale campionato del Paese d’oltre Brennero in attesa che la tendenza cambi.

Ma in una città dove tutto è “doppio” e diviso, dai nomi delle vie alle scuole, anche le società sportive faticano a mescolarsi. Figuriamoci uno sport che viene percepito come estraneo dal mondo italiano: “Ci piacerebbe “italianizzare” il faustball – dichiarava alcuni anni fa a un giornale locale il presidente del Bozen, Alex Biasion – e coinvolgere altre società, non dico a Trento o Milano, ma almeno a Bolzano. Stiamo contattando diversi club con la speranza che decidano di scoprire il nostro sport”. Un appello sentito, un estremo tentativo per tentare quello che cento anni di storia condivisa ancora non sono riusciti a realizzare: avvicinare le due culture e non essere più soli.

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Federico Sanzovo
Neolaureato e aspirante giornalista, scrivo su carta dal 2008. Sono tra i fondatori di Azzurri di Gloria. Mi occupo di blogging, web writing e social media managing. Amo il web, ma il profumo della carta stampata...

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