Manca poco all’inizio dell’edizione del Giro d’Italia numero 100. Andiamo a ripercorrere insieme i momenti più intensi e significativi della corsa rosa.

Gino Bartali in trionfo al Giro d’Italia 1946 (fonte Cycling Passion)

UN GIRO SPECIALE

C’è chi lo considera una corsa mediocre. C’è chi lo esalta come se fosse stata la gara a tappe più bella di sempre. Sicuramente il Giro 1946 è rimasto fortemente impresso nella memoria collettiva. In parte per aver permesso per un attimo agli italiani di dimenticare gli orrori della guerra. L’immagine della carovana rosa che passa tra i cumuli di macerie di un Paese distrutto è diventata un emblema del secondo dopoguerra italiano. Allo stesso tempo, il passaggio dei ciclisti ha dato un motivo di speranza e fiducia alla popolazione. È stata una visita speciale. Quel Giro ha unito in un unico abbraccio l’intera penisola, compattandola, per quanto possibile, grazie alle gesta dei protagonisti. Già, gli atleti. Gli occhi sono tutti puntati su di loro. Ed il Giro 1946 verrà ricordato anche per aver rinvigorito la rivalità tra Fausto Coppi e Gino Bartali, inevitabilmente sopitasi nel corso dell’ultimo conflitto.

IL GRANDE DUELLO

L’attesa è tutta rivolta su di loro, il talentuoso passista piemontese e l’indomabile scalatore toscano. Per la prima volta corrono con due squadre diverse. Coppi si è accasato presso la Bianchi, mentre Bartali è rimasto con la Legnano. L’Airone è considerato il grandissimo favorito. Su Ginettaccio ci sono non pochi dubbi, perlopiù legati alla sua età avanzata per un ciclista. Così, l’outsider più interessante diventa un giovane atleta di Faenza, Vito Ortelli.

UN GIRO INSOLITO

La sfida inizia il 15 giugno. Una data insolita per il Giro, ma scelta in modo da permettere il regolare svolgimento del referendum istituzionale e le elezioni per la Costituente. Inoltre bisogna fronteggiare le difficoltà di ordine logistico derivanti dalle pessime condizioni delle strade e dallo scarso numero di mezzi di trasporto a disposizione. Le squadre ai nastri di partenza della corsa rosa sono poche. Legnano, Bianchi, Viscontea, Benotto, Olmo, Welter e Wilier-Triestina sono le formazioni principali, a cui sono aggregati in seguito altri gruppi sportivi, come Milan-Gazzetta, Velo Club Bustese, Fronte della Gioventù-Dulux, Enal Campari, Azzini-Freno Universal e Centro Sportivo Italiano. L’obiettivo di questo implemento è il raggiungimento di un buon numero di partecipanti, ridotto altrimenti a una cinquantina di corridori.

AVVIO CONTRASTANTE

L’atteggiamento dei grandi favoriti delude inizialmente le aspettative. Coppi e Bartali si marcano a vicenda, ma Ortelli non emerge subito. Inoltre, l’organizzazione non sembra ineccepibile e gli episodi di presunti favori verso l’una o l’altra formazione si moltiplicano. Polemiche e veleno scorrono rapidi nella corsa rosa. La gara sembrò improvvisamente aver trovato un padrone al termine della Chieti-Napoli, terminata con la vittoria di Ricci e la leadership di Ortelli. Bartali è distante due minuti, Coppi addirittura sei. Giro finito? Nemmeno per idea.

LE TAPPE-CHIAVE

Si arriva al Nord, dove riaffiorano per un giorno le tensioni della guerra. La Rovigo-Trieste viene fermata a Pieris in seguito alla contestazione di alcuni individui, che, stando alle ricostruzioni, avrebbero lanciato sassi e chiodi sulla carovana. Alcuni dichiarano di aver udito spari in lontananza. Il clima non è dei migliori, ma il Giro deve proseguire. Si arriva a due tappe cruciali. La Udine-Auronzo è la classica frazione dolomitica. Le montagne sono il pane di Bartali. Il toscano si accorda con l’acerrimo rivale Coppi per far saltare la Maglia Rosa Ortelli. L’azione è efficace e tornante dopo tornante la resistenza del leader si sfianca. Sul traguardo, Gino, certo del primato in classifica dopo il ribaltone alpino, lascia la vittoria a Fausto. Sembra tutto nella norma, ma, appena terminata la tappa, scoppia il putiferio. Bartali viene a sapere che il neo presidente dell’U.V.I. Adriano Rodoni ha annullato i permessi di partecipazione dei corridori italiani al Giro della Svizzera, corsa dai premi particolarmente ambiti. Il fiorentino minaccia di non partire e, in serata, afferma di volersi ritirare. Dopo una notte particolarmente agitata, arriva la smentita di Rodoni ed il via libera per il Tour de Swisse. Tuttavia, alla partenza della Auronzo-Bassano, il capitano della Legnano paga il poco riposo ed il nervosismo del giorno prima. Va in difficoltà, la pedalata è stentata. Coppi potrebbe affondare il colpo, ma, memore del favore nel 1940, quando Gino lo aiutò a vincere, si limita a controllare la situazione. L’Airone attacca solamente nel finale, senza togliere il primato all’avversario. Un gesto cavalleresco, che non pone assolutamente fine alla madre di ogni rivalità.

IL DUELLO VERSO TRENTO

Eccoci alla Bassano del Grappa-Trento. È il 5 luglio. Fausto sa di non poter più fallire. Deve vincere, attaccando da lontano. Bartali, al contrario, deve seguire come un’ombra il suo acerrimo rivale. Il capitano della Bianchi scatta, rilancia l’azione, tormenta Ginettaccio e gli altri ciclisti. Vuole rendere la corsa un inferno con quella pedalata aggraziata e quasi delicata. L’uomo di ferro toscano non lo lascia andare via. Lotta, sbuffa, si danna per non perdere contatto. Improvvisamente, il colpo di scena: l’ammiraglia della Legnano accorre per aiutare il proprio uomo di classifica, Gino ha forato. Coppi vola, cerca di scavare il solco. Sa di avere tra le mani una grande occasione. Bartali rischia di naufragare, ma ha un’arma straordinaria con sé: la tenacia. Nonostante il gap tra sé ed il piemontese, il fiorentino non perde la calma e continua la rincorsa. Dovrebbe essere la situazione ideale per l’Airone ed invece è Ginettaccio a gestire il vantaggio costruito nelle tappe precedenti. Coppi arriva sul traguardo trentino ed aspetta. Non arriveranno notizie buone per lui, quel giorno. Bartali conserverà il primato per l’inerzia di 47’’. Una beffa per il piemontese, un sorriso per l’uomo di ferro, vincitore del terzo Giro in carriera e, forse, di una delle corse più pazze della storia di questo sport.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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