Sono trascorsi vent’anni dalla doppietta Giro-Tour di Marco Pantani. Andiamo a rivivere i momenti più significativi di quell’impresa. Oggi tocca all’arrembaggio di Selva di Val Gardena.

Marco Pantani e Giuseppe Guerini stravolgono il Giro d’Italia 1998 (fonte Gazzetta.it)

L’ASSALTO DEL PIRATA

«Ma quando inizia la Marmolada?». Marco Pantani si rivolge così al compagno Roberto Conti, che gli chiede quando intende scattare per far esplodere la corsa. La replica del ragazzo romagnolo potrebbe sembrare ironica, specialmente tenendo conto della durezza della 17a tappa del Giro d’Italia 1998, la Asiago-Selva di Val Gardena. Una corsa selettiva, sfiancante, con tante salite. Il programma di quella frazione è esigente e propone la scalata di ben quattro Gran Premi della Montagna: passo Duran, Forcella Staulanza e, appunto, la regina delle Dolomiti, ultimo avamposto prima del Sella e del traguardo finale. Eppure, Marco non ha la minima idea di come sia strutturata l’ascesa. Non ne conosce i segreti. Roberto, il suo scudiero fedele, gli ha solamente detto che è impegnativa. Già, tuttavia, il problema è che nessuna asperità sembra particolarmente tosta per il “Pirata”. Come accorgersi dell’inizio del trampolino di lancio verso la leggenda? Come riuscire a cogliere l’attimo fuggente se nemmeno si sa quali siano i tornanti e le insidie della strada verso l’impresa? Conti conosce bene Pantani. I due hanno condiviso tanti anni insieme. Sanno come incoraggiarsi ed aiutarsi. Purtroppo, Roberto, in quell’occasione, proprio non riesce a resistere all’andatura elevata. E c’è un motivo ben preciso: «Marco, guarda che abbiamo già iniziato da tanto tempo la Marmolada. Saremo già a metà della scalata… E io non ce la faccio a restare con te». Il “Pirata” si sorprende della sua innocente ingenuità. Se questa è la salita decisiva, è giunto il momento di fare la storia. O si salta per aria o si vince da eroi. Nessuna via di mezzo. L’arrembaggio non prevede sfumature tra il successo e la disfatta. Giusto provarci, per non vivere di rimpianti. Marco scatta. È una fucilata, secca ed improvvisa. Una raffica che si pianta dolorosamente nelle gambe degli avversari, improvvisamente incapaci di reggere il devastante cambio di ritmo. Va a riprendere Pavel Tonkov, il primo ad aver acceso la miccia. La differenza di velocità si nota immediatamente. Subito si crea il vuoto tra Pantani e gli altri. Pochi riescono a rimanere a contatto. Il “Pirata” romagnolo diventa ancora una volta un uomo solo.

MARCO ED ALEX: DESTINI OPPOSTI

Mentre il ragazzo di Cesenatico vive la giornata perfetta, un uomo svizzero assapora l’amarezza del dramma sportivo. Alex Zulle rallenta vistosamente. Non tiene le ruote altrui. Si stacca, cede. Non è una resa, ma poco ci manca. In un attimo, il ciclismo mostra tutta la sua nuda crudeltà. Quando Marco scatta, il sogno del passista elvetico va in frantumi. Si spegne il colorito roseo della sua maglia di leader della classifica generale, indossata con merito dopo gli acuti nelle prime due settimane. Si sfoca anche il ricordo della vittoria a Lago Laceno, con un contropiede da urlo ai danni di Pantani, staccato in salita. Si offusca anche l’immagine della cronometro di Trieste, con l’impietoso sorpasso al “Pirata” partito tre minuti prima e poi raggiunto e distanziato. Un’umiliazione clamorosa, che ora non sembra avere più importanza. Le divinità del ciclismo sembrano essere giudici più severi di Dante Alighieri nell’assegnare i gironi infernali ai dannati. Le lancette dell’orologio sono volate rapide lungo le strade friulane. Ora, per opera di un incredibile contrappasso, sembrano scorrere lentamente, seguendo il passo incerto ed affaticato di Alex lungo i tornanti della Marmolada. L’erede designato di Miguel Indurain non trova la forza per salvarsi in extremis come capitato in tante occasioni al suo predecessore. La giornata è sempre più buia e scura. È il crepuscolo di Zulle, detto “Talpa” per via degli occhiali utilizzati anche in gara per sopperire alla sua miopia. Il sogno rosa termina qui, sulle Dolomiti. Il tracollo avverrà nei giorni successivi, chiudendo il Giro ad oltre mezz’ora dal vincitore.

GIUSEPPE GUERINI, EROE A SORPRESA

Rilancia l’azione, Pantani. Si alza sui pedali, conferisce rinnovato vigore alla sua cavalcata. Sembra un fantino lanciato a tutta velocità con il proprio cavallo. La folla è in visibilio. Nessuno riesce a rimanere indifferente alla sua offensiva, tanto prevedibile quanto pazza. Del resto, è impressionante la facilità con cui Marco sgretola l’intero gruppo. Improvvisamente, l’ordine è messo a soqquadro. Il russo Pavel Tonkov tenta disperatamente di ripristinare la legge del passista, mantenendo un ritmo costante e rimanendo ancorato alla scia del “Pirata”. Il suo modo di fare ricalca le origini da militare nell’armata sovietica, prima di abbracciare la bicicletta. Eppure, il caldo ed il passo in continua ascesa di Pantani diventano esasperanti anche per l’uomo della steppa. Il cosacco si rialza sul suo destriero: la rincorsa è vana. L’unico che riesce a non perdere le tracce di Marco è Giuseppe Guerini. Bergamasco di origine, a molti sembra una sorta di “Carneade” ciclistico, privo di un brillante palmares o di una nomea sfavillante. Ma la strada non rivolge mai lo sguardo alla bacheca, disegna scenari imprevedibili. Stavolta, è giusto che anche lui, l’eroe meno noto, assapori il piacere del successo. Guerini segue Pantani ed il “Pirata” comprende lo sforzo del collega. Anzi, decide che, stavolta, il bottino dell’arrembaggio può diventare così cospicuo da essere diviso. Giuseppe fa di tutto per meritarsi una parte della selvaggina: si prende il vento in faccia, si alterna con Marco per infondere continuità e vigore all’azione. Ed il distacco su tutti gli altri assume proporzioni clamorose. Fioccano i minuti. Il Giro è sottosopra. Si arriva al traguardo. Pantani sa di avere in tasca la Maglia Rosa. Zulle è troppo lontano e Tonkov sta faticando. Inutile vincere stavolta. Giuseppe merita un premio superiore al semplice applauso. Deve conquistare la tappa. Guerini sfila per primo, incredulo e pazzo di gioia. E ancora non sa che concluderà la corsa in terza posizione. Marco, invece, sorride. Il ribaltone è completato. Ora si passa alla difesa della Rosa. L’uomo della steppa non starà a guardare.

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Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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