La storia di Nedo Nadi, una delle assolute leggende della scherma italiana e internazionale: il nostro ricordo del grande campione azzurro, l’uomo dei record e delle medaglie d’oro.

STORIE OLIMPICHE: NEDO NADI, L’AZZURRO CHE FECE LA STORIA DELLA SCHERMA

Una forma d’arte. Alle origini delle Olimpiadi moderne la scherma era molto più che un semplice sport. Era, per l’appunto, arte: lo schermidore era un’artista che tracciava, a colpi di stoccate, una propria visione del mondo e la tramutava in storia. Nedo Nadi è stato uno dei maggiori “artisti” dell’epoca, e il suo nome riecheggia ancora oggi negli annali di questo nobile sport.

La sua storia inizia al Circolo Scherma Fides di Livorno: ai tempi era una neonata realtà fondata dal padre Giuseppe, maestro d’armi, oggi è un’autentica leggenda con oltre 61 medaglie olimpiche e la formazione di campioni come Aldo Montano. È proprio papà Giuseppe a insegnare tutto ciò che sa ai figli, allenandoli duramente e riponendo in loro grandi aspettative: “Nedo vincerà tutto quello che si potrà vincere nella scherma. Quando si stuferà, Aldo prenderà il suo posto”. La sua profezia, pronunciata nel bel mezzo di una seduta d’allenamento, si avvererà solo per quanto riguarda la prima parte, perchè Aldo vincerà una sola medaglia olimpica “in solitaria”, peraltro alle spalle del fratello, e poi emigrerà negli USA per tentare il professionismo: vivrà spettacolari sfide e proverà la carriera d’attore/consulente per le scene di combattimento, senza però sfondare. Ma non è Aldo, ahilui, il protagonista della nostra storia, bensì il fratello Nedo, che arriverà a ottenere un risultato indimenticabile.

E pensare che quel risultato, Nedo, avrebbe potuto non ottenerlo: il padre Giuseppe insisteva ad allenare i suoi ragazzi solo nella sciabola e nel fioretto, ritenendo la spada un’arma grezza e rozza. Nedo, che sentiva suo anche quell’attrezzo, decise così di disubbidire agli ordini paterni: per anni frequenterà lezioni di spada di nascosto, tempo che si rivelerà ben speso. Il debutto internazionale di Nedo Nadi avviene a Vienna, nel Torneo dell’Imperatore (1909): il quattordicenne livornese, manco a dirlo, vince e ruba la scena a colleghi più anziani e quotati, e nel 1912 fa il suo esordio alle Olimpiadi. Stoccolma è il teatro della prima sinfonia dell’azzurro, che sbaraglia la concorrenza e conquista l’oro nel fioretto individuale, l’unico della spedizione azzurra. All’epoca Nedo ha soli 18 anni, e la sua carriera viene frenata dalla guerra, che lo vede andare al fronte per quattro anni ed entrare tra i primi nella Trento liberata: quando si ritorna a gareggiare alle Olimpiadi, Nedo di anni ne ha 26 e ha tantissima rabbia in corpo. Il modo in cui affronta i Giochi di Anversa 1920 è l’emblema di questa voglia di conquistare il mondo. Nedo Nadi decide di tentare la massima sfida per uno schermidore: vincere in tutte le armi olimpiche. Una sfida che sembrava impossibile, e invece… diventerà realtà: oro nel fioretto, oro nella sciabola, oro (a squadre) nella spada. Tutto negli stessi Giochi e nel giro di pochi giorni, al punto che quando conquisterà il terzo oro, sul podio il re belga Alberto I di Sassonia-Coburgo-Gotha lo apostroferà con un simpatico “Siete ancora qui, Monsieur Nadi?”. La risposta è da vero campione: “Con il vostro permesso, conto di tornare ancora di fronte a Vostra Maestà”. Un obiettivo raggiunto: nella sciabola precederà il fratello Aldo, e non vincerà nella spada solo perchè dei problemi intestinali lo metteranno ko. La sua Olimpiade belga sarà comunque storica, con cinque ori e le vittorie in tutte le gare a squadre (con Aldo) coi colori dell’Italia.

I Nadi domineranno dunque il medagliere della scherma di Anversa 1920: cinque ori per Nedo, un argento e tre ori a squadre per Aldo. Dopo queste storiche Olimpiadi, Nedo si trasferirà oltreoceano: l’Argentina diventerà la sua casa, e il modo per rimpinguare cospicuamente il conto in banca allenando e gareggiando (da professionista) a Buenos Aires, con ritmi stancanti per fisico e mente. Tornerà in patria nel 1923 dopo aver contratto un “morbo oscuro”, tornando a tirare di scherma da amatore e diventando maestro di scherma. A 36 anni (1930) vincerà il Mondiale per professionisti (i maestri di scherma) e si guadagnerà le attenzioni di Mussolini, che nonostante qualche precedente screzio (vedi sotto) spingerà per averlo come ct azzurro nei Giochi di Los Angeles 1932. La sua fama lo porterà ad essere eletto con merito presidente della Federscherma nel 1936: manterrà quell’incarico fino al decesso, avvenuto il 29 gennaio 1940 per un ictus. Nedo Nadi lascerà dunque il suo mondo a soli 44 anni, con la nomea di leggenda della scherma. 

ESTETA E LEGGENDA: NEDO NADI NELL’OPINIONE PUBBLICA

“Non basta soltanto saper guardare, bisogna saper percepire e intuire. Percepire è molto più importante di vedere. Si debbono vedere le cose distanti come se fossero vicine e quelle vicine come se fossero distanti. È indispensabile saper individuare la tattica seguita dall’avversario nell’uso della spada, senza lasciarsi distrarre da movimenti insignificanti dell’arma. Bisogna saper vedere da entrambi i lati senza muovere le pupille, ma quando si fissano gli occhi su un punto solo si perde la visione d’insieme e ci si disorienta: si deve valutare, anche senza guardare, la distanza e la velocità del rivale. Bisogna essere capaci di scrutare nel suo cuore”.

Non è un caso che i termini usati da Nedo Nadi per descrivere la “sua” scherma ricordino molto quelli che si usano per spiegare l’amore a prima vista. Per lui la scherma fu proprio questo: amore, vita, continua ricerca della perfezione. Nedo Nadi era un esteta: si allenava per ore e ore per produrre un gesto tecnico efficace e al tempo stesso perfetto. “Pareva che danzasse”: la sua scherma viene descritta così. Danzando, ha conquistato cinque ori olimpici in una sola Olimpiade, e poi ha formato altri schermidori e gestito la scherma italiana: sotto la sua gestione, l’Italia ha conquistato quattro ori, tre argenti e due bronzi ai Giochi di Berlino 1936, lanciando in quell’edizione colui che sarebbe stato il suo erede, ovvero Edoardo Mangiarotti. Il ruolo di ct prima e presidente della Federscherma poi potrebbero fargli “affibbiare” l’etichetta di atleta-simbolo del fascismo, che invece rifiutò categoricamente mostrando grande coraggio. Si rifiutò di far parte della propaganda mussoliniana, e quando era già ricco e famoso (nonchè intoccabile, in quanto grande atleta) disse “no” a chi gli chiedeva di esporre davanti a casa sua una bandiera col fascio littorio per festeggiare uno scampato attentato a Mussolini: questo gli costò un pestaggio, per sua fortuna non letale, da parte di alcuni squadristi livornesi. Ma Nedo, da uomo tutto d’un pezzo, non si piegò e mantenne intatto il suo onore. 

Ancora oggi si discute su chi sia stato il miglior schermidore italiano: per molti è stato proprio Mangiarotti, che ha vinto 13 medaglie olimpiche (6 ori, 5 argenti, 2 bronzi dal 1936 al 1960), altri invece giocano le proprie fiches su Nedo Nadi. A chi riteneva Mangiarotti il migliore tra gli schermidori azzurri, Aldo Nadi rispondeva che il fratello aveva vinto meno medaglie, ma non era mai stato battuto alle Olimpiadi e aveva conquistato solo ori: un dato che ha contribuito a far entrare nella storia Nedo Nadi, che viene tuttora ricordato a 80 anni dalla sua scomparsa, nei modi più disparati. Lo si può vedere citato nelle trasmissioni sportive, si possono ammirare i suoi cimeli nell’Agorà della Scherma a Busto Arsizio, ma possiamo trovarlo anche… sul celebre fumetto Topolino (n° 3036): in una storia dedicata a Fantomius, celebre ladro gentiluomo che ispirò Paperinik, troviamo infatti lo schermidore Nedo Naduck, ispirato proprio a lui. Perchè le leggende non vengono mai dimenticate, neppure quando le loro vittorie risalgono a quasi un secolo fa…

ULTIME NOTIZIE SPORTIVE AGGIORNATE SU AZZURRI DI GLORIA

News di sport a cinque cerchi tutti i giorni sul nostro sito.

Scopri tutte le ultime notizie sportive anche sui nostri social: FacebookTwitterInstagram e YouTube.

Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

Potrebbero anche piacerti...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro in:Scherma