Ratko Rudic, il migliore allenatore di pallanuoto di sempre, si è ritirato quest’anno. Ripercorriamo insieme i suoi successi, tra cui l’oro con il Settebello a Barcellona 1992.

Final Six Campionato Pallanuoto Uommini 2019

Il presidente della FIN Paolo Barelli, 66 anni, insieme a Ratko Rudic, 72, dopo la vittoria dell’ultimo scudetto della Pro Recco (fonte: federnuoto.it)

RATKO RUDIC, IL MIGLIORE ALLENATORE DI PALLANUOTO DI SEMPRE

“Considerato come uno dei migliori, se non il migliore allenatore di pallanuoto che abbia mai calcato il bordovasca”. Questo è Ratko Rudic secondo l’International Swimming Hall of Fame e con questa motivazione il coach è stato inserito nella lista dei più importanti personaggi degli sport acquatici nel 2007. “Be’, dei risultati li ho fatti” lo si è sentito dire, quasi ad allontanare la retorica di certi riconoscimenti. Guardiamoli, allora, questi risultati…

I primi risultati di Ratko Rudic sono vere e proprie pennellate. No, non nel senso di assist o pallonetti ma nel senso letterale del termine. Rudic nasce infatti come pittore. Negli anni ’60 Zagabria era molto vivace dal punto di vista culturale, e il giovane Ratko si appassiona all’arte. Tra l’accademia di belle arti e architettura, però, sceglie quest’ultima. Ma non era ancora tempo che diventasse un “tecnico” e dopo il primo anno di università si trasferisce a Belgrado per giocare come pallanuotista a livello agonistico.

Torniamo ai risultati di Ratko Rudic. Come giocatore milita prima nello Jadran Spalato e poi nel Partizan di Belgrado, dove è nato nel 1948, con cui vince otto titoli nazionali e due europei. Viene anche convocato nella nazionale jugoslava dal ’68 all’80: 297 presenze, argento alle Olimpiadi di Mosca 1980, bronzo ai mondiali del ’73 più due bronzi e un argento ai campionati europei (rispettivamente ’70, ’74 e ’77). Non male per un giocatore di alto livello ma non abbastanza per fare di lui il migliore.

Ma Rudic non sarà ricordato per la sua carriera in acqua. E forse quella parentesi alla facoltà di architettura già preannunciava la sua capacità di progettare, anche se si tratterà di strategie e vittorie. Dopo il ritiro come giocatore nel 1980, Rudic allena le giovanili della Jugoslavia e nel 1984 passa alla nazionale maggiore guidandola nel suo periodo “d’ori”: in particolare i due ori olimpici a Los Angeles 1984 e Seul 1988 a cui aggiunge due argenti agli europei, un titolo mondiale e una coppa del mondo. Ed è solo l’inizio.

Qui viene il Sette-bello: nel 1991 Rudic arriva sulla panchina della nazionale azzurra. Torniamo ancora ai risultati di cui il tecnico accennava all’inizio della storia, e valutate voi. Grazie a Rudic tra il 1992 e il 1995 l’Italia conquista l’oro a Barcellona 1992 nella finale contro i padroni di  casa, poi ai mondiali  e agli europei (per due edizioni di fila) e anche nella Coppa del Mondo del 1993. È l’apice della sua parabola di allenatore cui segue fisiologicamente la fase discendente, anche se fatta di altri metalli preziosi: bronzo ad Atlanta 1996, due argenti nel ’95 e nel ’99, anno in cui il Settebello conquista anche il bronzo agli Europei.

La parabola si interrompe bruscamente a Sydney 2000. Il 29 settembre, nei quarti di finale contro l’Ungheria, si scatena una rissa per via delle decisioni arbitrali. Anche Rudic è coinvolto nella rissa, anche lui è convinto che non si stia giocando correttamente. La gara finirà 5-8 per i magiari, la carriera azzurra di Rudic invece finisce con un anno di squalifica più l’allontanamento dalla panchina azzurra, sostituito da Sandro Campagna, già assistente tecnico di Rudic e campione come giocatore a Barcellona 1992. In un’intervista al Corriere, dichiara: “Pago eccessivamente? Forse sì. Però vado avanti, possiedo forza ed esperienza”.

Ratko Rudic è esattamente questo: forza ed esperienza. Dopo i successi con il Settebello passa ad allenare la nazionale statunitense con l’obiettivo di Pechino 2008. Le cose però finiscono prima, esattamente nel 2005: la Croazia vuole Rudic sulla panchina della sua nazionale, e Ratko non può rifiutare. Arrivano le Olimpiadi di Londra 2012 e caso vuole che la sua Croazia arrivi in finale e vinca contro il “suo” Sandro Campagna, ancora alla guida del Settebello. E riecco la forza e l’esperienza di Rudic, contro il quale Campagna e gli azzurri possono fare poco, se non provare a sfidare quella forza e imparare da quell’esperienza.

Esperienza che l’anno dopo Londra 2012 Rudic mette al servizio della nazionale brasiliana, che guiderà fino al 2016. Non medaglie ma comunque soddisfazioni: “la medaglia è stata la crescita nel ranking mondiale”, come dice lo stesso Ratko. Altre soddisfazioni arrivano però nel 2018: il 15 giugno Rudic dice sì alla Pro Recco firmando per la sua prima esperienza sulla panchina di una squadra di club. Una prima esperienza niente male che vede il tecnico vincere scudetto e Coppa Italia, con una squadra quasi inarrestabile. A fermarla e a far decidere Rudic per il ritiro dalla pallanuoto ci avrebbe pensato la pandemia che, oltre a impedire la conquista di altri probabili trofei tricolori, preclude anche il sogno della Champions League, sfumato l’anno precedente in semifinale contro l’Olympiacos. “Volevo la vittoria nella Champions: l’anno scorso l’ho mancata e ancora oggi è un trauma perché la sconfitta mi procura un dolore fisico“.

Qualcuno è convinto che si ricordino sempre di più le sconfitte che le vittorie. Per qualcuno, forse, ma non per chi ha vinto così tanto. “Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia” diceva Marco Pantani. Un sentimento simile al dolore fisico che Ratko Rudic prova nei confronti della sconfitta. È per evitare quel dolore immenso che Rudic ha lavorato sempre per la vittoria e l’ha raggiunta così tante volte. Ed è per quello che alla fine, anche senza un trofeo in più in bacheca, è diventato il migliore allenatore di pallanuoto di sempre.

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Stefano Sfondrini
Radio per lavoro, ma non emetto sentenze. Bevo caffè senza zucchero perché ho capito che "amare significa poco dolci" [San Galli, protettore degli umoristi]

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