Sono trascorsi sei anni dalla scomparsa di Vigor Bovolenta, il centrale protagonista in tanti club di Superlega e con la maglia della Nazionale italiana. Ecco il nostro ricordo di una data particolare.

Vigor Bovolenta

24 MARZO: UNA DATA SPECIALE

Pala Banca di Piacenza, domenica 24 marzo 2013, finale di Challenge Cup. I padroni di casa della Copra Elior conducono per 24-16 il terzo set, avanti già di due parziali. I rivali dell’Ural Ufa sono ormai con le spalle al muro. Si attende solamente il match point. Il palleggiatore della formazione russa, Zhloba, spedisce il proprio servizio contro la rete. Il palazzetto esplode in festa. La squadra piacentina torna a trionfare in Europa dopo sette anni. C’è felicità per un successo storico, euforia per un record assoluto come la vittoria di un trofeo senza perdere per strada alcun set. Tuttavia, negli occhi di alcuni, in particolare del Capitano Hristo Zlatanov, di Luca Tencati, di Alessandro Fei e di Samuele Papi, c’è anche una buona dose di commozione. Solamente dodici mesi prima, in un palazzetto marchigiano, se n’era andato improvvisamente Vigor Bovolenta. Il “Gigante del Polesine”, come era soprannominato, era conosciuto e soprattutto apprezzato da tutti, colleghi, addetti ai lavori e tifosi. Piaceva per la sua generosità, per la sua disponibilità, per il sorriso facile e contagioso, perché aveva sempre un consiglio ed una parola pronta.

UNA CARRIERA DA CAMPIONE

Vigor era un campione, al di là del palmares, dei trionfi e dei trofei. Non poteva essere altrimenti per emergere nel periodo della Generazione dei fenomeni del volley italiano. “Bovo” è cresciuto con le leggende di quel periodo ed ha contribuito a scrivere pagine indelebili della Nazionale. Potrebbero bastare i numeri, quelle quattro World League, i due Europei, la Coppa del Mondo. Ci sarebbe anche l’argento maledetto di Atlanta 1996, beffardo per mano dell’Olanda. Tuttavia, sarebbe riduttivo ricordarlo solamente per le cifre, celebrarlo unicamente per i risultati, tra i quali spiccano anche due campionati italiani con le maglie di Ravenna e Modena, oltre a svariati titoli europei come le tre Champions League. Bovolenta ha dato tanto con il suo esempio, con la sua dedizione per il lavoro che gli piaceva. Ha insegnato a tanti ragazzi l’amore per uno sport capace di regalare emozioni uniche.

IL RICORDO DEGLI AMICI

Ha insegnato tanto anche agli amici. Lo stesso Zlatanov ha ammesso di aver sfruttato al meglio i suoi consigli nel 2008, a Pechino, in occasione di un’Olimpiade che li ha visti compagni di stanza. Tutti hanno ricevuto qualcosa da lui, sia esso un’indicazione tecnica o uno sprone umano. Perché Vigor aveva un cuore grande, grandissimo. Purtroppo, anche molto fragile, troppo debole, al punto da fermarsi improvvisamente quando “Bovo” stava praticando ciò che più gli piaceva. No, troppo ammaliante il richiamo di una palla, una rete ed un campo per fermarsi. Come rinunciare? Impossibile. Ma quella sera marchigiana è stata insolita e fatale. Rimane tutt’ora un grande vuoto nella vita di coloro hanno avuto il piacere di conoscerlo a fondo. Eppure, c’è anche chi ha trovato la forza per proseguire. È Federica Lisi, moglie di Vigor, che non perde occasione per ribadire quanto sia solido e resistente l’amore per il marito e quanto questo sentimento l’abbia accompagnata in questi sei anni nella vita di tutti i giorni e nella crescita dei suoi cinque figli. Una storia meravigliosa, a dimostrazione che, nonostante tutto, “Non ci lasceremo mai”.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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