Azzurri di Gloria ha avuto il piacere di intervistare Matteo Fabbro, talento classe 1995 del Cycling team Friuli, che dal 2018 sarà professionista con la Katusha. Nella nostra chiacchierata si è parlato di questo 2017, della sua passione per il ciclismo e dei progetti per il futuro.

MATTEO FABBRO SI RACCONTA

È uno dei talenti più fulgidi del ciclismo azzurro under 23. Vista la giovane età, soli 22 anni, ed il fisico minuto, adatto per scalare montagne impervie, Matteo Fabbro è la speranza italiana nei Grandi Giri per le prossime stagioni. Garantisce anche il Commissario Tecnico Davide Cassani, che peraltro non ha esitato a convocarlo per disputare il Giro del Trentino 2016 con la maglia della Nazionale. Un’esperienza importante per il ragazzo del Cycling team Friuli, dotato di margini di miglioramento notevoli, frenati solamente dai tanti infortuni rimediati nelle ultime annate. Tuttavia, gli accidenti non hanno fatto desistere i top team a fare a gara per averlo in squadra. L’ha spuntata la Katusha-Alpecin, formazione in cui milita Illnur Zakarin, quinto al Giro d’Italia e terzo alla Vuelta di Spagna di questo 2017. Il friulano ha sottoscritto il suo primo contratto da professionista e dalla prossima stagione pedalerà in gruppo con i grandi campioni del ciclismo. Matteo si è raccontato nel corso di un’intervista rilasciata ad Azzurri di Gloria, parlando del suo 2017, della passione per le due ruote e delle speranze per il futuro. Un sentito ringraziamento va al Cycling team Friuli per aver reso possibile questa chiacchierata.

Matteo, si è concluso questo 2017 ciclistico. Qual è il tuo giudizio sulla stagione da poco andata in archivio?

<<Nel complesso, il bilancio è positivo perché è arrivato il tanto sperato contratto da professionista con un team quotato come la Katusha. È sempre stato il mio sogno nel cassetto. Non potevo chiedere di meglio. Dall’altro lato sono un po’ amareggiato perché, prima che arrivasse il contratto, ho avuto tre infortuni che hanno compromesso la mia stagione. Sono stato investito in allenamento all’inizio dell’anno; ad aprile prima della convocazione con la Nazionale, mi sono fratturato la clavicola. Ho comunque partecipato al Giro Under 23 a 35 giorni dall’incidente, ma nel corso della quinta tappa sono caduto e ho rotto nuovamente la clavicola. Sono stati tre infortuni che hanno avuto conseguenze psicologiche molto pesanti. Fortunatamente, al Giro della Val d’Aosta ho ricominciato a pedalare bene e senza gravi problemi>>.

È stata la classica situazione in cui ci si chiede “chi me l’ha fatto fare?”.

<<Psicologicamente è stato duro da superare. Confesso che ho avuto un momento in cui ho pensato di smettere. Sono circostanze in cui si è fragili. Per fortuna, sono tornato grande grazie alla squadra che mi è sempre stata vicina. Il Giro della Val d’Aosta è stata la prima corsa senza infortunio, ma nei mesi precedenti è stata dura. A volte mi chiedevo: “Forse io non sono più capace di andare in bici”. Comunque sono esperienze che fanno parte del gioco e servono a far crescere>>.

Addentriamoci nel gioco dei “se” e dei “ma”. Senza il doppio infortunio alla clavicola, quali risultati sarebbero potuti arrivare?

<<Come hai detto tu, è il gioco dei se e dei ma. Sarei andato più forte, ma non si può mai sapere. Certo, al Giro, vedendo che i distacchi tra i primi 6 erano ridotti, potevo finire sul podio. Purtroppo, ci si è messo in mezzo anche l’infortunio. Inoltre, ho rotto la ruota al penultimo giorno al Tour de l’Avenir, quando potevo almeno giocarmi un piazzamento nei primi posti. Sono stato costretto ad inseguire per 30 km e ho speso tanto senza successo. Non è stata un’annata fortunata. Comunque ho raggiunto l’obiettivo di passare tra i professionisti. Doveva essere un anno di transizione ed invece ha regalato una bella sorpresa>>.

Sul tuo conto, ha speso parole di elogio anche il CT Davide Cassani. Cosa ne pensi? Com’è il tuo rapporto con lui?

<<Le sue parole fanno un bell’effetto. Davide è una brava persona, ho un buon rapporto con lui. Lo ringrazio per quanto ha detto nei miei confronti. Mi dispiace non aver dimostrato in pieno il mio valore>>.

Il tempo non ti manca.

<<Sì, certo, potrò rifarmi nella prossima stagione. Ho tempo per fare esperienza ed è quello che farò con la nuova squadra>>.

Dall’inizio dell’anno, tu sei stato corteggiato da diverse formazioni. Cosa vuol dire essere accostato ad un top team ed allenarsi con i big?

<<Ho conosciuto l’ambiente Team Sky, mi hanno chiamato per uno stage invernale, è stata una esperienza che mi ha dato delle motivazioni incredibili. Quando sono a casa mi alleno con i miei compagni di squadra e con Alessandro De Marchi con il quale, ho un ottimo rapporto>>.

Com’è per un ragazzo allenarsi con un big?

<<Penso sia il massimo,  la serietà con cui preparano le gare è incredibile, De Marchi è il mio DS fuori corsa e mi aiuta a preparare il gran salto nei professionisti anche sotto il profilo psicologico>>.

Hai trascorso quattro stagioni importanti al Cycling team Friuli. Quanto hai imparato da questa squadra?

<<In questi quattro anni ho vissuto in una grande famiglia. Renzo Boscolo ed Andrea Fusaz hanno sempre creduto in me, nonostante tanti momenti particolari. Sono stati quattro anni tribolati. Nella prima stagione sono andato KO per una infiammazione ai tendini rotulei. Per terminare gli studi poi, ho perso parte della seconda annata. Dal terzo anno ho fatto vedere ottime cose, grazie anche a una programmazione puntigliosa. In questa stagione è arrivata la grande svolta. Devo ringraziare anche Marino Amadori, Commissario Tecnico della Nazionale Italiana Under 23. Tuttavia credo che in un altro team non avrebbero avuto la pazienza di aspettarmi e farmi crescere. Il Cycling team Friuli ha delle potenzialità ancora inespresse. Nel loro piccolo, riconosco il concetto di team anglosassone, seguono gli atleti con una cura maniacale. Per far capire cosa sto dicendo, vorrei fare un paio di nomi: Mattia Bais ed Alessandro Pessot. Chi li avrebbe conosciuti senza questa squadra alle spalle? >>.

Assolutamente, tutto vero. E non ti dispiace lasciare questa formazione così attrezzata?

<<Certo, mi dispiace non far più parte del team ma, questa è la vita ed è arrivato il momento di fare nuove esperienze. In cuor mio so che, se ci sarà bisogno, saranno sempre presenti>>.

Parliamo più strettamente di te. Da dove nasce la passione per il ciclismo?

<<Nasce perché provengo da due famiglie di ciclismo. I miei genitori praticavano questo sport. Un giorno, i nonni che erano allenatori si sono messi d’accordo e mi hanno portato a vedere una corsa di ciclismo. Ero in prima elementare. Mi sono innamorato di quello sport e non c’è stato più nulla da fare>>.

Folgorato dalle due ruote.

<<Sì per quanto avessero provato con altri sport. Alla fine ritornavo sempre alla bici>>.

Da quando hai iniziato a praticare il ciclismo, hai mai avuto un idolo particolare?

<<Mi è sempre piaciuto Purito Rodriguez. Era piccolo di corporatura e mi rivedevo in lui. Mi ricordo che  guardavo le corse solamente se c’era lui e poi, ho imparato ad apprezzare l’uomo De Marchi, atleta di  affidabiltà come pochi>>.

C’è un corridore in particolare in cui ritrovi le tue caratteristiche?

<<So che è un paragone importante, ma per forza di cose, essendo piccolo fisicamente, sono simile a Nairo Quintana. Uno scalatore minuto fatto per i Grandi Giri. La strada è indirizzata verso le corse a tappe. In questi anni da dilettante ho perso nello sprint, ma ho guadagnato in resistenza. Penso che il mio futuro possa essere indirizzato verso le gare a tappe>>.

Insomma, escludi categoricamente le classiche?

<<Non saprei bene. Il problema è che da qualche anno ho lasciato la pista e ho perso la “sparata”. Certo, se mi mettessi ad allenarmi in pista e ritrovassi uno spunto veloce, ci potrei provare. Mai dire mai>>.

Ultima domanda: dal prossimo anno sarai in Katusha: quali sono le tue aspettative sulla nuova squadra e sulla nuova stagione?

<<Onestamente, non ho aspettative personali. Sono giovane ed arrivo in un team in cui sono l’unico italiano. Voglio fare esperienza. Voglio creare un buon rapporto con gli altri membri della formazione. Se avrò l’occasione, cercherò di mettermi in mostra, altrimenti mi metterò a disposizione dei miei compagni>>.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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