Alla fine della prima nazionale di “Con la testa e con il cuore si va ovunque”, abbiamo intervistato il regista Edoardo Sylos Labini. Ci ha detto la sua sul rapporto tra teatro e disabilità.

Edoardo Sylos Labini (a destra di Giusy Versace) è l’ideatore di “Con la testa e con il cuore si va ovunque”

Nella storia di Giusy c’è un prima e un dopo, segnato da quel fatidico 22 agosto 2005, giorno in cui la sua vita cambiò per sempre. La pioggia torrenziale, il controllo dell’auto che le sfugge, quel guardrail della Salerno-Reggio che diventa una lama tagliente. Giuseppina, nata Versace, resta spezzata a metà: perde entrambe le gambe. Il dolore di quel giorno diventerà la fatica provata in quelli successivi per regalarsi un’altra vita. Giusy suda, piange, ma ce la fa. E poi arriva la corsa, a bordo delle protesi in fibra di carbonio, e con essa un record: diventa la prima atleta italiana a correre con doppia amputazione degli arti inferiori. Nel 2013 esce la sua autobiografia “Con la testa e con il cuore si va ovunque” che, quattro anni dopo, grazie a un’intuizione di Edoardo Sylos Labini, sbarca a teatro. Grazie alla collaborazione di Espresso Communication, è stato possibile intervistare proprio l’ideatore di questo spettacolo: con Labini si è parlato di molte cose, con un accenno particolare al rapporto tra disabilità e palcoscenico.

L’idea dello spettacolo e l’esordio di Giusy

Edoardo, come è nata l’idea di questo spettacolo nel quale Giusy è la protagonista indiscussa?

Ho letto il libro di Giusy: ho pianto e ho riso come un bambino, come si fa nella vita. Ci siamo conosciuti quando l’ho fatta venire come ospite qui, a teatro, nella rassegna Manzoni Cultura che organizzo io. Siamo diventati amici. Allora io le ho detto: Giusy il tuo libro deve diventare uno spettacolo teatrale vero perché tu sei un esempio di vita per tutti, non solo per il mondo dei disabili. E Giusy si è affidata a me. Io vi dico che questa sera nasce un’attrice. L’ho detto anche in conferenza stampa: Giusy Versace è più brava del 70% delle attrici con cui ho lavorato in vita mia.

Che cosa la contraddistingue sul palcoscenico?

Intanto ha una cosa importante: la comunicatività. Un attore può essere bravo quanto vuole, ma se non comunica, se non emoziona, non va lontano. Poi, essendo un atleta, una campionessa paralimpica, ha la disciplina: e il teatro è disciplina. Sono queste le due componenti fondamentali. Poi è sensuale, è femmina, è seducente. Io non avevo mai visto una standing ovation simile a teatro: non è frequente oggi vedere gli spettatori  alzarsi in piedi e iniziare ad applaudire, nel bel mezzo della rappresentazione. Stasera però è successo. E io mi batterò per portare questo spettacolo in tournée in tutta Italia.

Secondo te, in quale momento dello spettacolo Giusy raggiunge l’apice della sua recitazione?

La raggiunge sicuramente quando racconta l’episodio vissuto sulla sua amatissima spiaggia di Scilla, dove ritorna con le gambe finte per la prima volta un anno dopo l’incidente: qui una bambina la osserva mentre lei se le toglie perché, bagnate, vuole farle asciugare al sole. In quel momento la mamma mette le mani sugli occhi di sua figlia e la porta via. E Giusy dice ‘no’ a una cosa del genere. E ripensare a quella pugnalata al cuore la sprona a dimostrare a tutti, col suo esempio, che questa è la normalità. Perché nelle gambe finte c’è il sudore, c’è una vita, c’è una rinascita.

Giusy Versace sfoglia la sua autobiografia “Con la testa e con il cuore si va ovunque” durante lo spettacolo

Disabilità e teatro: un connubio possibile

Ti batterai per realizzare in futuro altri spettacoli del genere, in cui la disabilità è al centro di tutto?

Certo! Questa è un’ulteriore barriera abbattuta. In Italia anche lo sport per disabili è nato negli ultimi dieci anni, prima non c’era. Quello di oggi può essere un inizio per dare vita anche a una compagnia di attori: perché i disabili possono diventare attori. Giusy lo ha dimostrato: ha presentato “La Domenica Sportiva”, ha vinto “Ballando con le stelle”, ha fatto “Alive” un’altra bella trasmissione. Si può essere uomini di spettacolo, si può essere cuochi, muratori, si può fare tutto anche nella disabilità. Il nostro spettacolo racconta che il disabile è normale!

Ti fa rabbia aver assistito a una standing ovation simile in Italia solo nel 2017? Ci abbiamo messo troppo tempo ad abbattere le barriere?

Ma, guarda, io mi sento una sorta di pioniere: negli ultimi dieci anni ho dipinto le biografie di personaggi scomodi della storia italiana, da Gabriele D’Annunzio a Nerone, raccontandoli in modo positivo. Dopo D’Annunzio e Nerone si passa a Giusy Versace: è un’altra sfida importante. E soltanto col coraggio si ottengono i risultati nella vita.

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Simone Lo Giudice
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