Si scrive Bydgoszcz, si legge 8 medaglie. L’atletica azzurra fa la voce grossa in Polonia e conquista 3 ori, 3 argenti e 2 bronzi in una spedizione che ha messo in mostra le promesse dell’Italia. Un salto avanti enorme se si pensa solo a pochi mesi fa in Bulgaria, quando la sola medaglia dei “grandi” era l’argento nel salto triplo di un vero grande dell’atletica: Fabrizio Donato. Naturale chiedersi quindi quale sia lo step mancante tra i successi in una categoria e le delusioni nell’altra.

ORGOGLIO AZZURRO E 8 MEDAGLIE

A guidare la spedizione dell’Italia agli Europei under 23 di Bydgoszcz, in Polonia è Stefano Baldini, direttore tecnico delle nazionali giovanili e oro olimpico nella maratona. Baldini sa come si vince, sa come si soffre e come lavorare per un traguardo. Tutte cose che deve avere trasmesso ai suoi ragazzi visti gli incredibili risultati ottenuti. Le medaglie dell’Italia sono 8, lo stesso numero raggiunto nella prima edizione degli under23 del 1997 a Turku, in Finlandia.  L’Italia è quinta nel medagliere davanti a Francia e Spagna e per una volta guarda con orgoglio ai risultati ottenuti dopo le cocenti delusioni delle olimpiadi di Rio 2016, con nessuna medaglia vinta e quelle degli Europei indoor in Bulgaria con il solo Fabrizio Donato a risollevare le sorti di una spedizione che altrimenti avrebbe visto un altro zero accanto alla voce medaglie.

PROTAGONISTI E PROMESSE

Una delle medaglie più belle e incredibili è stata quella conquistata da Yeman Crippa sui 5000m, con una progressione a dir poco sorprendente nel rettilineo finale che lo ha portato dalla quinta posizione al gradino più alto del podio. Storica doppietta nel 3000 siepi con Yohanes Chiappinelli, che taglia il traguardo  per primo precedendo Ahmed Abdelhawed, un trionfo che l’Italia non vedeva in questa specialità da 23 anni, agli Europei assoluti di Helsinki nel 1994, con Alessandro Lambruschini e da Angelo Carosi. Doppia conquista per Ayomide Folorunso, prima medaglia d’oro nella finale dei 400 ostacoli femminili in 55”82, e tempo minimo per volare ai Mondiali di Londra di agosto. Gli argenti azzurri portano la firma di Christian Falocchi nel salto in alto con 2.24m al secondo tentativo, mancando il record personale di un solo centimetro e da Filippo Randazzo nel salto in lungo con 7.98m, un peccato dopo l’8.04m in qualificazione, con cui ha vinto l’ucraino Vladyslav Mazur. Medaglia di bronzo per Sebastiano Bianchetti e Erika Furlani. Il ventunenne laziale del lancio del peso è andato vicino a battere il record personale con 19.69m, mentre Erika ha superato 1.86m al primo tentativo per vincere il bronzo nel salto in alto femminile.

UNA CRISI CHE HA RADICI ANTICHE

Dopo una spedizione olimpica con un triste zero nel medagliere dell’atletica leggera a Rio2016 e un solo argento conquistato da Fabrizio Donato nel salto triplo agli Europei indoor in Bulgaria, avevamo parlato di crisi azzurra. I risultati e le 8 medaglie ottenute dagli under23 però aprono un nuovo capitolo: se l’atletica italiana è capace di gareggiare e vincere nelle competizioni internazionali di categoria perché non ci riesce appena si alza il livello? Spesso il podio è a un passo, ma come raggiungerlo facendo la differenza? I Mondiali sono vicini, agosto sarà una nuova vetrina e l’Italia ha dimostrato che qualcosa si sta muovendo, tanto però da ottenere un titolo iridato? Al momento sembra difficile, quasi impossibile sperarlo. Se il 2015 infatti aveva di fatto segnato un nuovo record negativo per il movimento, il 2016 e le Olimpiadi non hanno portato scossoni di sorta e non si può dire che questo 2017 se la stia cavando meglio. In Brasile le possibilità di andare a podio sono sfumate dopo la squalifica nella marcia di Schwazer prima e l’infortunio di Tamberi nel salto in alto poi, con la sfortuna che sembra volersi accanire su un movimento già agonizzante, ma da quanto tempo dura questa agonia? Si è quasi tentati di dire da sempre, ma non sarebbe corretto e nemmeno giusto. Dal 2009 però, quando ai Mondiali di Berlino l’Italia conquista un solo bronzo con Rubino nella  20km di marcia, si è iniziato a usare proprio la parola crisi. Otto anni dopo siamo ancora qui a parlare degli stessi problemi con lo sport e l’atletica in particolare che non trovano spazio e fondi, i talenti scarseggiano, gli allenatori anche e i risultati non arrivano. Vero che l’atletica è una vetrina molto più competitiva rispetto ad altri sport, vero anche che se nel nuoto e nella scherma possiamo mostrarci orgogliosi in qualsiasi luogo, nell’atletica gli occhi sono bassi e quasi timorosi. Quando sarà il momento di alzare la testa e dire che l’Italia c’è?

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Giulia Cannarella
Giornalista pubblicista, collaboratrice per Runner's World Italia. In precedenza redattrice per Agr-agenzia giornalistica radiotelevisiva e collaboratrice per la Gazzetta dello Sport inserto Milano-Lombardia

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